“Proprio perché questo è l’anno della pandemia e siamo tutti preoccupati per le carenze nell’apprendimento che possono essere state causate dalla lunghe restrizioni per contenere il contagio del Covid 19, le prove Invalsi hanno ancora più ragione di essere effettuate come strumento in grado di fornirci i dati che ci diranno se i nostri studenti stanno raggiungendo gli obiettivi prefissati dal legislatore oppure no, e in che misura questo avviene”. A dirlo è Roberto Ricci, responsabile dell’area Prove nazionali di Invalsi, che difende la bontà delle finalità dell’istituto, ancora di più, spiega in un’intervista diffusa sui canali social, “perchè le prove Invalsi fornendo un dato ampio ed esaustivo, possono servirci a supportare le evidenze e dove riscontrassimo, appunto, delle carenze nell’apprendimento, ci permetteranno di andare incontro a quegli studenti che si sono rivelati più fragili a causa delle lunghe fasi di Dad”.
Ricci spiega di condividere le preoccupazioni che da più parti sono state espresse per l’eventuale perdita di competenze degli studenti in questi dieci mesi che hanno messo la scuola tutta a dura prova. “La lunga chiusura ha creato problemi non irrilevanti – afferma -, che tutti noi dovremmo affrontare non cercando colpe ma soluzioni per aiutare gli studenti a superare le difficoltà. Ci tengo a precisare alcuni aspetti: cercare di capire che cosa è successo non è importante solo per capire i limiti della Dad che è stata e sarà anche in futuro uno strumento utile. Ma dobbiamo individuare che cosa non siamo riusciti ad ottenere dalla Dad, in senso positivo. La Dad ha consentito di non interrompere il filo tra scuole e studenti quando eravamo costretti a casa, questo però non vuol dire che non ci siano stati apprendimenti che non sono stati persi”.
Tutti di nuovo in classe da oggi i circa 8 milioni di studenti italiani, compresi i 2,5 milioni delle superiori anche se con percentuali che vanno dal 50 al 75% in presenza, come prevede l’ultimo Dpcm. A rimanere a casa un’altra settimana sono solo gli studenti delle scuole superiori della Sicilia, diventata ‘arancione’, dove oggi ritorneranno tra i banchi i ragazzi della seconda e terza media (per tutti gli altri la scuola era rimasta in presenza anche nei giorni scorsi).
Ultime in ordine di tempo a far ritornare i ragazzi delle superiori nei loro istituti sono, oggi, le Regioni Sardegna, Calabria, Puglia, Basilicata, Veneto, Campania, Friuli Venezia Giulia per un totale di 976.668 studenti che si aggiungono ai 144.974 delle medie in Sicilia.
Nel Veneto però c’è una novità: sono stati tolti dalle aule e rimessi in magazzino i banchi a rotelle acquistati nei mesi scorsi dal Governo per facilitare il distanziamento tra gli studenti in classe. La ragione principale dell’accantonamento dei banchi anti-Covid sarebbe che favoriscono l’insorgere di mal di schiena nei ragazzi, come ha riferito l’assessore regionale all’istruzione, Elena Donazzan.
“In queste ore si sta completando il rientro a scuola dei ragazzi delle superiori. Il primo ciclo, lo sapete, è sempre rimasto aperto, circa 5 milioni di studentesse e studenti non hanno mai lasciato le loro aule. Le scuole superiori hanno invece ripreso la didattica in presenza, gradualmente. E in queste settimane, dove si è aperto per primi, i contagi sono rimasti stabili. È un elemento che conforta, ma l’attenzione deve rimanere molto molto alta. La scuola va protetta anche fuori dalle aule. E questa è una responsabilità di tutti. Ricordiamocelo sempre”. Così la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina alla ripresa delle lezioni. “Ricevo molti messaggi degli studenti e delle loro famiglie: tutti consapevoli del fatto che bisogna mantenere grande prudenza, ma anche tutti ansiosi e felici di questo rientro in classe. A scuola le regole di sicurezza si rispettano, bisogna fare lo stesso anche fuori, in tutti gli spazi e le attività della giornata”, conclude la ministra.
Fonte Ansa.it