(Agf)
Vincenzo Mollica
“Cerco solo il lato migliore delle persone. Non da pirata, con la benda sull’ultimo occhio che mi rimane. Da cronista”. Vincenzo Mollica a colloquio con il Corriere della sera si racconta oggi che la salute comincia a creargli seri problemi. Negli ultimi cinque anni un glaucoma gli ha mangiato il 95 per cento del nervo ottico. Ma quello che il quotidiano definisce come “l’aedo di cantanti e attori”, ride con “leggerezza delle proprie disgrazie”. Comprese il morbo di Parkinson che gli fa tremare le mani.
In questo momento vede pochissimo, “ombre in un mare di nebbia. Più spesso non vedo un tubo, ma continuo a coltivare la speranza. Andrea Camilleri mi ha spronato a non abbattermi, a sviluppare gli altri sensi. Ignoro che cosa sia la depressione. Mi sostengono due pilastri: famiglia e lavoro. Nella vita non ho altro. Mai messo piede nei salotti”. 62 libri, l’ultimo, Scritto a mano pensato a piedi “s’intitola così perché sono aforismi che ho dettato a Siri”, racconta. Una cecità progressiva, che gli è stata diagnosticata da piccolo: “Se ne accorse la mamma.
I miei genitori mi portarono da un oculista in Calabria. Avrò avuto 7-8 anni. Origliai la sentenza da dietro la porta: “Diventerà cieco”. Da quel momento adottai una tecnica: imparare a memoria tutto quello che mi circondava, in modo da ricordarmene quando sarebbero calate le tenebre”. Nell’intervista ricorda le amicizie con Fellini e altri grandi del mondo dello spettacolo, ma non mancano i riferimenti alla collaborazione con Enzo Biagi: “Quello che so, lo devo a lui. Era uno specialista nell’insegnarti senza insegnare”. Poi continua raccontando della sua carriera, dei tanti Sanremo seguiti, delle interviste fatte e che a volte gli sono state negate. Confessa anche di essere una persona, nonostante la sua buona indole, che nella vita ha mandato a quel paese qualcuno, ma “Con parsimonia”.
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