Palermo ,Testimoni di giustizia: Ignazio Cutrò, che le nostre audizioni in Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Mafie siano rese pubbliche per far comprendere i nostri drammi
Ieri pomeriggio a Palazzo San Macuto, sede della Commissione Parlamentare Antimafia, hanno avuto inizio i lavori della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Mafie – Comitato X “Analisi dei programmi e dei procedimenti di protezione dei testimoni di giustizia e dei collaboratori di giustizia”. Comitato, coordinato dalla deputata Piera Aiello, che ha cominciato con le prime audizioni dei testimoni di giustizia.
«Tra questi, al momento, ci sono io e Pino Masciari – afferma Ignazio Cutrò, presidente dell’ Associazione Nazionale testimoni di Giustizia -. Entrambi abbiamo chiesto che le nostre audizioni siano soggette a pubblicazione nei resoconti stenografici parlamentari. Nel caso in cui ciò non fosse possibile, però, ho chiesto di sottoporre la nostra richiesta al parere dell’Ufficio di Presidenza Integrato della Commissione Parlamentare Antimafia, presieduto da Nicola Morra. Voglio che le nostre audizioni siano rese pubbliche, non secretate, affinché tutti possano leggere e capire il dramma da noi vissuto. La famiglia Cutrò non ha niente da nascondere. Così pure gli altri testimoni di giustizia».
Nei giorni scorsi si doveva svolgere una manifestazione di protesta davanti al Viminale, rinviata per dare l’opportunità ai testimoni di giustizia di prendere parte alle audizioni.
«Rimangono salde le ragioni che ci spingono a denunciare le inadempienze delle Istituzioni preposte nei nostri confronti – prosegue Cutrò -. Quello che abbiamo denunciato è la volontà in atto, da parte di taluni soggetti e uffici facenti capo al Ministero degli Interni, di asservire l’attività della Commissione Centrale a interessi estranei alla Giustizia e contrari ai testimoni di giustizia.
Con senso di responsabilità e trasparenza abbiamo cercato di impiegare tutte le nostre energie affinché lo Stato prendesse pienamente contezza della necessità e opportunità di riconoscere agli onesti cittadini che denunciano le mafie tutte quelle opportunità, riconosciute dalla nostra Costituzione e dalle leggi, normalmente esercitate pur nella consapevolezza di dover sacrificare parte di queste libertà come conseguenza diretta derivante dal programma di protezione. Nonostante le nostre denunce siano state confermate negli anni da tre inchieste della Commissione Parlamentare Antimafia (1998-2008-2014), a oggi permangono gravi lacune nel sistema di tutela tanto per coloro che sono sottoposti allo speciale programma di protezione quanto per coloro che sono destinatari delle speciali misure di protezione».