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Tetraparesi spastica degenerativa: la storia della paraolimpica di nuoto Arjola Trimi

7 ori, 6 argenti e e 5 bronzi tra Giochi olimpici, Europei e Mondiali: sportiva fin da bambina, Arjola ha sempre praticato il nuoto, ma la sua carriera agonistica inizia solo nel 2013. “In acqua riesco a sentire davvero il mio corpo”, dice

Da Humanitas News

Nel 2012, infatti, la sua vita cambia, quando una tetraparesi spastica degenerativa – una forma di paralisi che coinvolge in particolare la muscolatura di gambe e braccia – le porta via la sensibilità dalle gambe fino al bacino.

Con lei e con il dott. Fabio Intelligente – anestesista coordinatore del Servizio di Terapia Antalgica per il dolore cronico dell’unità di Anestesia e day hospital chirurgico in Humanitas – abbiamo parlato della sua malattia e delle cure per tenere sotto controllo il dolore.

 

Il nuoto, la malattia e una nuova consapevolezze di sé

“Quando è subentrata la malattia ho riscoperto il nuoto – ha spiegato l’atleta -: entrare in acqua e non riuscire a nuotare per me è stato difficile, ma l’agonismo mi ha aiutata molto a percepire e riscoprire il mio corpo”. “Dopo lo sconforto e la rabbia, arriva un momento in cui raccogli i pezzi e cerchi di capire cosa fare”, ha confidato, “acquisisci consapevolezza di te stessa, di cosa è cambiato e di cosa fare da quel momento in poi”.

Quale sia stato il fattore scatenante della malattia di Arjola “è ancora un mistero, dal punto di vista medico – ha spiegato ancora la nuotatrice – ma ora ho la consapevolezza di quella che è a la mia nuova normalità, certamente più difficile rispetto a prima, ma nel tempo sono riuscita costruire una quotidianità”. La speranza di Arjola “ è che la ricerca vada avanti” e che “sia sempre più guidata dall’interazione e dal feedback tra medico e paziente, che è fondamentale”.

 

Tra i principali sintomi della tetraparesi spastica ci sono la paralisi della muscolatura volontaria degli arti, rigidità e ipertono e contratture muscolari. Inoltre, spesso i pazienti che ne soffrono perdono la coordinazione. Sintomi che  sono causa anche di “fortissimi dolori”  – ha spiegato Arjola – “che con le prime cure non sono riuscita a gestire”.

Per questo da qualche anno Arjola segue una terapia antalgica, nota anche come terapia del dolore, in Humanitas, cui riesce a tenere sotto controllo rigidità, contrazioni e spasticità muscolari.

 

La terapia antalgica

“Questo tipo di terapia ha aiutato tantissimo – ha spiegato la campionessa – perché non avevo più dolori cosi forti da compromettere la mia quotidianità: da semi-sdraiata sono riuscita a tornare seduta” e “i dolori erano molto più controllati: riuscivo a gestirmi meglio e ad essere autonoma, oltre che a praticare il mio sport nel migliore dei modi”.

“Dopo diversi tentativi di cure con farmaci da assumere per bocca, sono stata indirizzata verso questo tipo di cura: ora ho una sorta di pompetta che contiene morfine e baclofene con cui si inietta una quantità di farmaci paradossalmente minore rispetto a quella che assumevo per via orale,  ma che è molto più efficace, perché arriva direttamente al canale midollare e ha un effetto immediato”.

“Si tratta di un serbatoio impiantato a livello sottocutaneo – come ha spiegato dal dott. Intelligente – che porta il farmaco fino a livello dello spazio aracnoideo, ovvero nella zona delle meningi. Questo permette di infondere una quantità di farmaco con molta più efficacia rispetto a quelle somministrate via endovena o per bocca”.

Spegnere i dolori e tornare alla vita quotidiana

“Poter controllare il dolore, in qualunque situazione, può aiutare a migliorare la qualità di vita; anche per patologie per non c’è una cura definitiva si può beneficiare della terapia antalgica”, ha spiegato il dott. Intelligente.

“Questo vale per tutti i pazienti: ad esempio per chi soffre di dolori cronici, come l’artrosi” o “anche fasi acute e particolarmente invalidanti tra cui l’herpes zoster, noto come il anche Fuoco di Sant’Antonio” così come i dolori  che spesso colpiscono “gli sportivi. Si possono gestire e questoaiuta a vivere meglio”, ha assicurato il dottore.

 

Somministrazioni diverse e personalizzate 

Gli strumenti per somministrare la terapia antalgica sono diverse: dalle infiltrazioni, ad esempio per mal di schiena, ai farmaci, fino a tecnologie di radiofrequenze o interventi di neuromodulazione; e ancora tecniche di medicina rigenerativa. 

Le modalità sono differenti e decise dal medico in base alle caratteristiche del paziente e del suo dolore: “sono tecniche consolidate e mirate – ha assicurato Intelligente -: la nostra peculiarità è di cercare tecniche sempre più precise. Grazie a ecografie o radiografie possiamo essere sempre più precisi e certi di somministrare la terapia proprio nel punto giusto, dando così la massima efficacia possibile. E’ un tipo di cura che si può personalizzare, è quasi sartoriale”, ha concluso il dottore.

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