Passeggiava con il cane tra i boschi senza sapere che fosse in atto una caccia al cinghiale. Un cacciatore, scambiandolo per preda, l’ha colpito all’addome uccidendolo. La Lipu chiede il posticipo della stagione di caccia per evitare altri incidenti
Si chiamava Nathan Labolani ed era residente a Apricale, in provincia di Imperia, il 19enne ucciso domenica mattina in un incidente di caccia, mentre passeggiava tranquillamente nelle campagne insieme al suo cane. I colpi calibro 300 Magnum che l’hanno raggiunto all’addome sono stati esplosi da un cacciatore di 29 anni di Ventimiglia, che ha sparato con un fucile Winchester, regolarmente detenuto. L’uomo, indagato per omicidio colposo, avrebbe scambiato il ragazzo per una preda. La pallottola gli ha trapassato un braccio e si è conficcata nel ventre, causandogli gravi lesioni interne e un’emorragia che si è rivelata fatale. Tutto è avvenuto mentre due squadre di cacciatori, una di Camporosso e l’altra di Perinaldo, stavano partecipando a una battuta al cinghiale nell’area del rio Merdanzo. Sul posto sono sopraggiunti carabinieri, vigili del fuoco, Soccorso Alpino, il personale sanitario del 118 e la Croce Azzurra. È stato allertato anche un elisoccorso da Cuneo, che ha trasferito l’equipe medica direttamente sul luogo, molto impervio, ma a nulla è servito: il giovane è morto poco dopo il loro arrivo.
Sospendere immediatamente la stagione venatoria 2018/2019 per motivi di ordine pubblico. È quanto l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa), chiede al governo, in seguito all’uccisione dell’escursionista. «Ormai è indiscutibile che nel nostro Paese esiste una emergenza sicurezza è che questa emergenza è legata all’esercizio della caccia. La morte del 19enne, alla famiglia del quale esprimiamo la nostra solidarietà, è solo la punta dell’iceberg di una pratica che ogni anno causa milioni di vittime animali e decine di vittime umane, anche tra gli stessi cacciatori. La situazione è ormai fuori controllo».
«Cordoglio e vicinanza» alla famiglia del giovane escursionista sono stati espressi dall’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente del Movimento animalista, che martedì scorso, alla Camera, ha presentato alcune iniziative legislative per limitare fortemente la caccia, in attesa di poterla di fatto abolire. «Abbiamo appena finito di denunciare i danni enormi che la caccia infligge al patrimonio naturale del nostro paese e i rischi inaccettabili cui l’onnipresenza delle doppiette nei boschi e nelle campagne, durante la stagione venatoria, sottopone chi vorrebbe semplicemente godersi, in santa pace, l’aria aperta. L’Italia è un paese fortemente antropizzato, per la caccia non c’è posto: possibile che proprio gli amministratori locali non se ne rendano conto?».
«La tragedia di Imperia, avvenuta nell’esercizio della pericolosissima caccia al cinghiale, effettuata con fucili e munizioni di grosso calibro e in un clima di crescente competizione tra squadre di cinghialai, deve spingere Governo e istituzioni a modificare, con urgenza, le condizioni con cui si caccia in Italia». È quanto si legge in una nota della Lipu, che chiede il posticipo della stagione venatoria «quantomeno al primo ottobre, per evitare che i cacciatori sparino nei boschi in un mese, quello settembrino, particolarmente frequentato da turisti, escursionisti, famiglie. Un incremento delle misure di sicurezza è indispensabile anche per la caccia in generale, a partire dall’aumento della distanza di sparo dalle abitazioni, visto il grande disturbo e i rischi comportati e vista la crescente protesta dei cittadini». Ma, secondo la Lipu, la deriva della caccia italiana non mette solo a rischio le persone: «C’è un emergenza bracconaggio, fenomeno in aumento e a tratti dilagante, che solo negli ultimi giorni ha fatto vittime tra specie superprotette come falchi, aquile e rarissimi avvoltoi e per il quale la Lipu chiede un Daspo collettivo: nelle aree in cui si abbattono specie protette la caccia va sospesa, immediatamente e per lungo tempo».