(ANSA) – LIVORNO, 13 SET – A 19 anni di distanza arrestati il
presunto esecutore, un complice e l’uomo che averebbe fornito la
pistola per l’omicidio di Alfredo Chimenti, 47 anni, livornese.
L’uomo fu ucciso il 30 giugno 2002 davanti alla sua abitazione
di piazza Mazzini a Livorno. Un agguato in cui per gli
inquirenti il movente sarebbe individuabile nei contrasti, sorti
all’epoca del fatto nel mondo delle bische e del gioco d’azzardo
clandestino. I tre arresti sono avvenuti nell’ambito di
un’operazione, denominata ‘La Garuffa’ dal nome del circolo di
cui Chimenti faceva parte, condotta da carabinieri e guardia di
finanza di Livorno e coordinata dalla procura della città
toscana, che ha portato in totale a 11 misure cautelari eseguite
tra Livorno e Pisa: i reati contestati, a vario titolo, sono
omicidio premeditato, associazione per delinquere, usura
aggravata, estorsione aggravata e porto abusivo di armi da
sparo. La vittima, come riporta l’ordinanza del gip, era
diventato un soggetto non gradito alla “batteria” per i suoi
comportamenti “prepotenti ed ostativi” nei confronti del gruppo
criminale, come ad esempio il no all’assunzione al circolo La
Garuffa di una persona vicina alla stessa “batteria”. Non solo,
secondo le risultanze investigative, con i suoi comportamenti
dimostrava di non aver timore dei rivali finendo per eroderne il
prestigio criminale. Da qui la decisione di “levarlo di mezzo”.
Le ulteriori indagini, che la Procura di Livorno ha riattivato
proseguendo l’attività della Dda di Firenze, e condotte dai
Carabinieri con il determinante contributo del Nucleo di Polizia
Economico-Finanziaria di Pisa, hanno portato alla luce anche
l’attività di un’associazione per delinquere, che operava da
tempo nel capoluogo, finalizzata all’usura ai danni di persone
in difficoltà economiche, e estorsioni nei confronti di
esercenti attività commerciali. Definito “originale” dagli
stessi inquirenti il sistema che avrebbero utilizzato per
l’usura: il “contratto” prevedeva che le vittime acquistassero
dall’usuraio oggetti in oro ad un prezzo notevolmente più alto
dell’effettivo valore (circa il doppio e a volte anche il
triplo), rivendendoli al loro prezzo corrente a compro-oro
compiacenti. (ANSA).
Fonte Ansa.it