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Un medico su 5 in ospedale per più di 48 ore a settimana: da CIMO-FESMED valanga di segnalazioni all’Ispettorato del Lavoro

«Tra i colleghi livelli di stress lavoro correlato e burnout inaccettabili, a rischio la sicurezza delle cure»

«Riceviamo ormai quotidianamente denunce di medici che sono costretti a lavorare
per più di 48 ore a settimana, senza rispettare le 11 ore di riposo tra un turno e l’altro, violando la
normativa europea sull’orario di lavoro. Una situazione intollerabile, con medici sempre più stressati e in
burnout, su cui occorre intervenire immediatamente: ogni richiesta di aiuto indirizzata alla Federazione
CIMO-FESMED sarà immediatamente inoltrata all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, richiedendo un
intervento ispettivo in tutte quelle aziende ospedaliere dove l’organizzazione del lavoro è fondata
esclusivamente sugli straordinari del personale, su medici tappabuchi e su diritti ignorati. Invitiamo
pertanto tutti i medici vittima di tale sistema a segnalare la propria situazione al segretario aziendale o alla
sede nazionale. Sono certo che purtroppo saremo costretti a inondare l’Ispettorato del Lavoro di richieste»,
dichiara in una nota Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED.
«In uno degli ultimi sondaggi promossi dalla Federazione CIMO-FESMED – prosegue – è emerso che un
medico su cinque rimane in ospedale per più di 48 ore a settimana, con tutte le conseguenze che un tale
impegno ha sulla salute psico-fisica dei professionisti e sulla qualità delle cure fornite ai pazienti: la
stanchezza, infatti, aumenta notevolmente la possibilità di commettere degli errori. Inoltre, il burnout e lo
stress lavoro-correlato sono tra le principali motivazioni che spingono sempre più medici a dimettersi dalle
strutture pubbliche».
«Eliminare il tetto alla spesa del personale, in modo da poter colmare i vuoti di organico che costringono le
Direzioni a trovare le soluzioni più fantasiose per assicurare i servizi, è la priorità numero uno per salvare il
Servizio sanitario nazionale», conclude Quici.

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