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Un patrimonio che non finisce: trovata nuova necropoli dell’epoca longobarda in Trentino

Una necropoli di epoca longobarda con 13 sepolture, sia di adulti che di bambini, con oggetti di corredo di notevole prestigio. E’ emersa a fine estate sul Doss Trento, nel corso delle operazioni di controllo archeologico per ampliamento Museo Alpini

Una necropoli di epoca longobarda con 13 sepolture, sia di adulti che di bambini, con oggetti di corredo di notevole prestigio. E’ emersa a fine estate sul Doss Trento, nel corso delle operazioni di controllo archeologico preliminari alla realizzazione dell’ampliamento del Museo nazionale storico degli Alpini, che sorge sull’area già occupata dalla polveriera fortificata austro-ungarica. L’indagine archeologica è coordinata scientificamente dall’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza provinciale per i Beni culturali e condotta sul campo da Cora Società Archeologica; alla documentazione delle sepolture con tecniche fotografiche 3D ha collaborato la Fondazione Bruno Kessler.
Si tratta di ritrovamenti importanti, che qualificano quest’area come fulcro delle vicende storiche che si sono succedute nella conca di Trento.

Scheda lavori Museo nazionale storico degli Alpini
Il cantiere per la riqualificazione e l’ampliamento del Museo Storico Nazionale degli Alpini sul Doss Trento ha preso avvio nel mese di maggio. Si tratta di un progetto importante, frutto di una significativa sinergia tra la Difesa, l’Associazione Nazionale Alpini, il Comune e la Provincia di Trento che vedrà, oltre alla riqualificazione del manufatto centrale storico del museo, l’ampliamento della superficie espositiva dagli attuali 293 a 1.404 mq con un significativo aumento della capacità di posizionamento dei numerosi reperti e cimeli custoditi, unici nel loro genere.
Il Museo, inaugurato il 15 marzo 1958, mantiene vive e tramanda le tradizioni e le gesta degli degli Alpini, rappresentando punto di osservazione privilegiato della memoria storica ed un riferimento di alta valenza culturale che, una volta terminate le attività di riqualificazione, andrà ad arricchire la rete storico-artistica trentina.
Già nel progetto di ampliamento in corso di realizzazione era previsto un ambito specifico che ricordasse la storia del Doss Trento e i ritrovamenti tardoromani già noti. Ora, anche gli importanti ritrovamenti recentemente venuti alla luce saranno un ulteriore tassello in grado di fornire una nuova lettura della storia e delle vicissitudini di questa area.
Appena i lavori di scavo e indagine archeologica saranno ultimati si darà corso alla realizzazione dell’ampliamento per il quale sono già stati conclusi tutti gli affidamenti alle ditte appaltatrici.     

Sintesi storica Doss Trento
Il Doss Trento rappresenta l’identità di tutta una città. Esso, tuttavia, non è solo un elemento, pur importante, del paesaggio urbano ma costituisce un archivio della memoria storica del nostro territorio fin dalle età più remote, almeno a partire dal VI millennio a.C. Lo sappiamo dai materiali ritrovati nei decenni e nei secoli passati in occasione di lavori di varia natura, soprattutto a scopi militari e difensivi. La posizione dominante sulla valle, infatti, ha da sempre attratto l’interesse di coloro i quali avevano il compito di controllare strategicamente il territorio circostante.
A questo riguardo, la storia del ruolo del Doss Trento è chiara e documentata almeno a partire dall’età tardo antica. Basti ricordare la famosa lettera degli inizi del VI secolo d.C. inviata da Teodorico a tutti i Goti e i Romani “che vivono attorno al castello di Verruca” affinché vi costruiscano quanto può servire in caso di bisogno.
La presenza di consistenti e importanti testimonianze archeologiche di varie epoche – anche a carattere monumentale – sono note in letteratura già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
In quel periodo, in occasione dei lavori di costruzione di strutture militari da parte delle autorità austriache, vengono fatte importanti scoperte archeologiche, riportate da Francesco Ranzi che ne dirigeva i lavori. In particolare Ranzi ricorda il rinvenimento di tombe e di elementi architettonici di età romana durante gli scavi per la costruzione della polveriera.
Tuttavia il Doss Trento vide anche una frequentazione di carattere religioso. Ne sono prova le evidenze di un complesso paleocristiano risalente con ogni probabilità al V secolo d.C. ma rimasto in uso perlomeno fino al VII secolo d.C. A questo complesso religioso dovevano fare riferimento alcune tombe di età longobarda, a cui potrebbero essere riferibili un paio di orecchini a cestello in oro e un pettine in osso.
La complessa e ancora non ben definita storia della frequentazione del Doss Trento trova oggi nuovi elementi negli scavi archeologici, ancora in corso, condotti dall’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento.
La superficie sommitale del dosso, infatti, è stata perimetrata come area di interesse archeologico nel vigente PRG del Comune di Trento e come tale è sottoposta a precise norme di tutela urbanistica e, di conseguenza, al controllo capillare della Soprintendenza al fine di attuare una concreta azione di tutela preventiva dei beni culturali presenti nel sottosuolo.
Le operazioni di controllo archeologico preliminari alla realizzazione dell’ampliamento del Museo nazionale storico degli Alpini, che sorge sull’area già occupata dalla polveriera fortificata austro-ungarica, hanno consentito di mettere in luce una sequenza stratificata di resti di straordinaria rilevanza archeologica in ottime condizioni di conservazione, che qualificano quest’area come fulcro delle vicende storiche che si sono succedute nella conca di Trento dalle origini all’epoca contemporanea.
Oltre ai resti dell’edificio della polveriera ottocentesca, di particolare rilevanza è stata la scoperta di una necropoli di epoca longobarda con presenza di oggetti di corredo di notevole prestigio. Ad una prima analisi condotta in corso di scavo nelle tredici sepolture sono presenti sia individui adulti maschili e femminili che giovani e bambini. Le strutture funerarie sono piuttosto semplici essendo costituite da fosse semplici perimetrate con pietre. I corredi funerari, non presenti in tutte le tombe, sono rappresentati da parti del vestiario (ad esempio elementi di cintura), da armi come la spada o il pugnale e da altri elementi come uno spillone o un pettine in osso.
Le strutture tombali si collocano nella parte più alta di un deposito archeologico di eccezionale interesse, ancora in corso di scavo, caratterizzato dalla presenza di resti strutturali dell’età del Bronzo recente e finale, dell’età del Rame e del Neolitico che nel loro insieme coprono l’arco cronologico compreso tra il V e il I millennio a.C.
L’area archeologica è sottoposta a controllo.

Foto sotto: parte della necropoli ritrovata (ladigetto.it) 

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