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Vaccini: L’Italia produrrà lo Sputnik, gelo dell’Ue

Lo Sputnik V entra a gamba tesa nel dibattito italiano (ed europeo) sui vaccini, proprio nel giorno in cui Johnson&Johnson avrebbe comunicato all’Ue di avere “problemi” a garantire le forniture pattuite. Come hanno riferito fonti Ue all’agenzia Reuters, J&J ha comunicato all’Unione Europea di avere problemi di approvvigionamento che potrebbero complicare i piani per fornire 55 milioni di dosi del suo vaccino nel secondo trimestre dell’anno. In serata, la stessa multinazionale, pur non facendo riferimento alle dosi previste in particolare per il secondo trimestre, ha però confermato l’impegno a fornire “200 mln di dosi del candidato vaccino Janssen COVID-19 entro il 2021, a partire dal secondo trimestre, in linea con gli accordi stabiliti con la Commissione europea”. J&J ha anche affermato di essere al lavoro “per accelerare tutte le fasi del processo di produzione dei vaccini e per attivare i nostri siti di produzione non appena lo consentano le approvazioni delle autorità sanitarie”. Per quanto riguarda l’Italia, a quanto trapela da fonti di Palazzo Chigi, nel periodo dall’8 marzo al 3 aprile saranno fornite complessivamente circa 6,5 milioni di dosi. Nel secondo trimestre, invece, in Italia si registrerà un netto incremento delle dosi disponibili, per un ammontare complessivo di oltre 36,8 milioni di dosi per Pfizer AstraZeneca e Moderna.

L’azienda farmaceutica italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech, infatti, ha firmato un accordo con il Russian Direct Investment Fund (RDIF), che tratta la distribuzione dello Sputnik all’estero, per produrre il composto russo in Italia, presso gli stabilimenti di Caponago, a Monza. E si tratta di una prima assoluta in Europa, tanto che a Bruxelles hanno mal digerito la svolta. Ma torniamo all’accordo. Ad annunciarlo, con una nota, è stata la Camera di Commercio Italo-Russa (CCIR), che dice di aver “promosso incontri tra imprese italiane ed europee” con le controparti russe per arrivare all’agognato risultato. “Si tratta di un accordo storico che mostra lo stato di salute dei rapporti tra i nostri due Paesi e sottolinea come le imprese italiane sappiano vedere oltre le polemiche politiche”, ha commentato il presidente della CCIR Vincenzo Trani. Raggiunto dall’ANSA, Trani ha precisato che non si tratta di “una fuga in avanti” dell’Italia rispetto al processo di approvazione dello Sputnik V in corso all’Ema, poiché “una cosa è produrre, un’altra distribuire”. Insomma, in via teorica le fiale messe a punto a Monza potrebbero anche essere esportate verso uno dei 46 Paesi del mondo che, ad oggi, hanno già approvato lo Sputnik (come ad esempio l’Ungheria) qualora l’Ema non dovesse dare l’ok.

L’intesa, stando alla nota, prevede l’avvio della produzione “a luglio” per un totale di “10 milioni di dosi entro la fine dell’anno”. Ci vuole del tempo dunque per avere materialmente il vaccino disponibile e l’idea è di non farsi trovare impreparati quando finalmente scatterà il via libera dall’Olanda, dove ha sede l’Ema. “Ci sono altre aziende a livello europeo che si stanno muovendo nella stessa direzione: i tedeschi erano a un passo, noi siamo stati bravi perché siamo arrivati per primi”, ha aggiunto Trani. Primi e, a quanto pare, non ultimi. Stando infatti al presidente di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico, “altre due aziende italiane molto note nel campo” sarebbero “nella fase finale delle trattative con RDIF”. “Questo – sottolinea – potrà dare ulteriore impulso alla produzione dello Sputnik in Italia”. In tutto questo, a Bruxelles, l’annuncio è stato recepito freddamente – per usare un eufemismo. La Commissione Ue ha ribadito che lo Sputnik “resta fuori dalla nostra strategia” vaccinale

Fonte Ansa.it

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