Era stato sfregiato anche un ponte. Il governatore Zaia propone, giustamente, che siano messi alla gogna. Un tempo delinquenti e deficienti venivano messi in “cheba” (gabbia) e appesi alle colonne che guardano il Bacino di San Marco
Corriere della Sera, Gloria Bertasi e Eleonora Biral
È stata divorata dal rimorso, ha visto tre amici imbrattare uno dei due Leoncini di San Marco e non ha detto nulla e quel senso di colpa l’ ha spinta a confessare. Ieri, alle 15.30, a ventiquattro ore dall’ episodio che ha fatto indignare tutta Venezia, una studentessa ventenne si è presentata dai carabinieri e ha raccontato la sua versione dei fatti: dopo una serata tra amici, rallegrata da spritz e birra, la compagnia si è spostata in piazza San Marco e, lì, la giovane avrebbe assistito all’atto vandalico da parte dei tre che erano con lei.
Sono quattro coetanei e studiano tutti all’ università a Venezia, due di loro sono addirittura iscritti all’ Accademia delle Belle arti, la stessa scuola d’ arte il cui primo presidente fu Gianbattista Tiepolo.
Non c’ è dunque alcun turista colpevole dello sfregio, come avevano ipotizzato molti in laguna, sono appunto universitari fuorisede, una di Trento, uno di Brescia e un terzo di Perugia. Ragazzi che, stando al percorso di studi, dovrebbero amare e rispettare l’ arte e, invece, sabato notte, alle 3.58, hanno sfregiato con vernice rossa un leone del Settecento e un ponte veneziano.
Uno è stato rintracciato in un campo, un altro era a casa sempre a Venezia mentre la giovane è stata fermata a Trento. L’ episodio ha scosso profondamente la città, che si è sentita toccata nella propria identità: il Leone di San Marco è il simbolo della storia secolare della Serenissima e, per tutti i veneziani, quella vernice rossa sul Leoncino di San Marco è stata percepita come uno sfregio a ciò che Venezia, per chi ci vive, è e rappresenta, una città cioè unica al mondo, dove si respirano arte e storia ad ogni passo e per questo da rispettare.
Il fatto, poi, è avvenuto proprio quando in laguna non si parla d’ altro che di sovraffollamento turistico, di boom di Airbnb e di come punire quei visitatori «cafoni» che si tuffano dai ponti, imbastiscono picnic sulle rive, lungo le calli e in piazza San Marco.
Inoltre, le scritte sui muri dei palazzi o sulle vetrine dei negozi rientrano nella categoria «comportamenti cafoni» per cui il nuovo Regolamento di polizia e sicurezza urbana – al voto in consiglio comunale a fine mese – prevede il Daspo urbano, oltre che una multa fino a 500 euro. Così, alla vista del Leoncino macchiato di rosso e del ponte del Carmine scarabocchiato dalla scritta «mi state uccidendo», sopra il disegno di un bambino con un palloncino, il primo a chiedere una punizione esemplare è stato il sindaco Luigi Brugnaro che ieri ha rincarato la dose.
«Presi i vandali del Leoncino in piazza San Marco, adesso sono sotto interrogatorio e poi comunque deciderà il magistrato – ha scritto sui social network -. La città non chiede vendetta, ma un giusto risarcimento con lavori sociali pubblici davanti a tutti. Grazie ai carabinieri e alla polizia locale di Venezia».
Della stessa opinione, il presidente del Veneto Luca Zaia: «Era molto significativo assicurare alla giustizia questi quattro incivili, Venezia è unica al mondo, merita un rispetto di pari importanza – commenta -. Meritano una punizione esemplare, il massimo consentito dalla legge, ma anche di essere esposti in qualche modo al pubblico ludibrio, perché abbiano modo di vergognarsi al punto giusto».
Per ora, è certo che saranno denunciati per danneggiamento e non è detto che Accademia e Università non prendano, anche loro, provvedimenti.