“Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” il libro di Marco Termenana, edizioni CSA, sabato 15 ottobre, riceverà due riconoscimenti letterari che portano a 30 gli attestati acquisiti in 16 mesi, visto che il volume è stato pubblicato nel giugno 2021.
Uno è il Premio “Ciò che Caino non sa” alla sesta edizione del Premio Accademico Internazionale di
Letteratura Contemporanea “Seneca”, al Castello Normanno-Svevo di Sannicandro di Bari, e l’altro è
il “Podio d’emozione”, alla sesta edizione del Concorso Letterario Nazionale “Argentario”, a Porto
Ercole, Grosseto.
Perché? Di cosa si tratta? Chi è Marco Termenana?
Con lo pseudonimo di El Grinta, sullo stesso argomento, l’autore ha già pubblicato “Giuseppe”.
I due romanzi sono ispirati al suicidio di Giuseppe, il figlio ventunenne (il primo di tre). In una notte del
marzo 2014 aprì la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lanciò nel vuoto.
Senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il “male di vivere” di chi si è sentito sin
dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi,
alter ego femminile, che assume contorni definiti nella vita dei genitori solo nel momento in cui si toglie
la vita.
Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, che oggi definiamo
hikikomori, malattia consistente nella scelta di rifuggire totalmente dalla vita sociale e familiare.
Dice Marco Termenana: “Ho potuto verificare che l’Italia è piena di autrici improvvisate e di ragazzotti
più o meno simpatici che, soprattutto per la poesia, senza avere un obiettivo preciso e magari senza
neanche averlo fatto di proposito, riescono a scrivere in un modo che attira il giudizio positivo delle
Giurie letterarie e quindi si ritrovano spesso sul podio. Mi auguro che per “Mio figlio” non sia proprio
così e venga premiato soprattutto per la possibilità che dà di immedesimarsi, o in Giuseppe o in noi
genitori, ancora meglio in entrambe le parti, in modo da migliorare il dialogo genitori/figli e, magari, nei
casi più estremi, salvare anche qualche vita. Solo così la morte di mio figlio potrà avere un senso”.
“Non parliamo, poi, di quelle famiglie in cui ci sono casi di hikikomori. Purtroppo – sottolinea Termenana
– è davvero difficile intervenire e credo che almeno parlarne possa dare un po’ di sollievo”.
“Questi trenta riconoscimenti – prosegue l’autore – indubbiamente costituiscono per me un motivo
d’orgoglio che condivido con mio figlio Giuseppe. Ammetto tuttavia di non sentirmi uno scrittore, né
esordiente e né incallito: desidero piuttosto rivendicare il mio ruolo di padre che, affranto da un dolore
enorme, per non impazzire, ha voluto raccontare una tragedia personale e familiare per ritrovare la
compagnia del figlio”.
“Se il libro dedicato a mio figlio – conclude – può portare valore aggiunto anche ad una sola persona,
giovane o adulta che sia, ben venga”.