Il romanzo storico ricostruisce la vita e la morte di Giacomo Matteotti, il primo e più importante oppositore della nascente dittatura fascista.
Fonti inedite e nuove testimonianze confermano che dietro l’omicidio del 10 giugno 1924 ci fu un ordine diretto di Mussolini.
In “Solo”, Riccardo Nencini, analizza gli avvenimenti cruciali di quegli anni: “Tutti conoscono l’intervento in Aula del 30 maggio del 1924. Ma quello non fu l’unico episodio di un pubblico attacco di Matteotti a Mussolini. Per Mussolini, Matteotti era diventato una vera e propria spina nel fianco. Dopo le elezioni dell’aprile del ’24 che con la legge Scelba diedero la maggioranza assoluta ai fascisti, il leader socialista iniziò ogni giorno a tirare accuse contro il futuro dittatore, dal falso in bilancio ai brogli elettorali. Matteotti pubblicò anche un libro, dal titolo “Un anno di dominazione fascista“ dove dimostrò che, anche quando erano al governo, i fascisti continuavano ad ammazzare. Matteotti contava le vittime quotidiane. Attaccava sui falsi in bilancio e sui disertori di guerra. Nessuno era cosi scomodo per Mussolini. A parte forse il liberale Giovanni Amendola, padre di Giorgio Amendola. Ammazzato anche lui dalle percosse dei fascisti”.
Da qui Il titolo del libro. “Solo”, nasce dal dramma politico ma anche umano di Matteotti, l’unico per lungo tempo a capire, anche all’interno del suo partito, che il fenomeno fascista non era la reazione di fine Ottocento della borghesia contro il proletariato ma qualcosa di nuovo e terribile. Era la prima volta che un movimento politico in Italia si dotava di una banda armata. Non era mai successo prima. Matteotti fu lasciato solo da una parte della sinistra, a partire dai comunisti, convinti che il fascismo fosse l’ultima fase dello stato borghese e il preludio alla rivoluzione. Così, scrive Nencini, all’epoca i liberali come Amendola e i socialisti riformisti come Turati e Matteotti, vengono visti dai comunisti come il nemico perché continuando a sostenere che lo Stato liberal-democratico è migliore, si ritarda l’avvento della rivoluzione.
Il romanzo è anche il racconto di un amore profondo: quello fra Giacomo e sua moglie Velia. Ma anche la storia di una grande passione e di un ideale senza tempo: aiutare i più deboli. La storia dei torbidi, della corruzione, degli omicidi politici che infangarono i mesi e i giorni d’Italia tra il 1919 e il 1924, ci lasciano anche un altro insegnamento. Quello di non cedere mai alla tentazione autoritaria, di affidare il potere a un solo uomo al comando. Nencini cita il poeta Mario Luzi: “La libertà non è un regalo, ma una palestra da frequentare ogni giorno”.