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Ezio Bosso: “esiste una cultura europea, la musica lo dimostra”

Il grande musicista, che ha saputo trasformare la disabilità in opportunità, ha ragione. Ma proprio per questo l’Unione europea, coacervo ancora informe di vincoli economici e interessi particolari, va ripensata dal profondo

Il 26 giugno è stato l’unico ospite italiano al Parlamento europeo per una conferenza sulla eredità culturale in Europa. In una intervista al Messaggero, il compositore e direttore d’orchestra si racconta e si rivela ancora una volta un mago delle parole, proprio come fece a Sanremo nel corso di una esibizione che lo fece finalmente conoscere all’Italia intera, perché, come dice lui, “non è solo un concerto, ma la vita che scorre”. “Un musicista nasce per forza europeo. Sin da piccolo frequenta austriaci, francesi, belgi, studia da Wagner a Vivaldi. La cultura musicale definisce l’Europa, come l’architettura definisce gli Stati. Per le sale da concerto americane, la cultura europea siamo noi, senza distinzioni fra italiani o tedeschi”.

A Bruxelles Bosso ha incantato ancora una volta parlando delle radici europee della musica. Si è definito “un migrante”. “Non mi piace la retorica né il termine migranti, come fosse una massa indistinta. Siamo tutti esseri migratori, da una condizione a un’altra, in continuo divenire. Le città crescono, le società cambiano. Ho studiato a Vienna, sono dovuto andare in Australia e a Londra per lavorare. Spostarsi è migliorarsi. Se un musicista ha paura delle migrazioni, non è un musicista”. E ancora: “la musica esiste a prescindere da noi, è nell’aria, nell’acqua, nel canto degli uccelli e io ho cercato un linguaggio per ripetere quel benessere”. Viene in mente la risposta folgorante di Riccardo Muti alla domanda: “Maestro, a cosa serve la musica?”. “La musica non serve a niente” disse Muti “perché non è una serva: è parte integrante dell’universo” . “Non è la sofferenza” ha detto Bosso “il sentimento fondamentale nell’arte”. Un principio che emoziona ancora di più se si pensa a quanto Ezio Bosso conosca personalmente la sofferenza.

Speriamo che a Bruxelles qualcuno abbia capito che l’Europa non si può unire soltanto con regolamenti a volte incomprensibili e vincoli economici.

 

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