ALFREDO ESTRELLA / AFP
I volti degli studenti scomparsi in Messico nel 2014 realizzati con quasi un milione di mattoncini Lego: è l’ultima opera-provocazione di Ai Weiwei, presentata in una galleria a Città del Messico. L’opera, intitolata “Reestablecer memorias”, ‘Ristabilire le memorie’, raccoglie i ritratti multicolori dei 43 ragazzi in uno stile ‘pop art’ ed è accompagnata da una cronologia che racconta il dramma della scomparsa dei ragazzi, tutti studenti dalla scuola normale di Ayotzinapa.
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La cronologia inizia il 26 settembre 2014, la notte in cui gli studenti, che andavano a una manifestazione nella capitale, furono attaccati dalla polizia della città di Iguala; poi continua con il 27 gennaio 2015, il giorno in cui il procuratore generale presentò una versione dei fatti che suggeriva che gli studenti erano finiti in mano di narcotrafficanti che li avevano uccisi e poi cremati in una discarica; e infine la data del 6 settembre 2015, quando un team di esperti internazionali indipendenti, che aveva studiato la “scena del crimine”, smantellò la versione ufficiale.
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Gli esperti, inviati dalla Commissione interamericana per i diritti umani, esortarono le autorità messicane a riaprire le indagini; ma il governo, all’epoca quello di Enrique Pena Nieto, decise che il caso era ormai chiarito e archiviò l’indagine. L’artista dissidente sessantatreenne, che è stato arrestato dal governo cinese nel 2011, ha spiegato perchè ama il Lego: è un mezzo di comunicazione “democratico”, ha detto, “tutti possono usarlo, tutti lo riconoscono, è molto efficace e adoro questa impressione di pixel”. Il crimine “avvelena la nostra società”.
agi