Di ritorno da Venezia ’77 nella sezione dedicata ai documentari, il film è una docufiction che mescola materiali di repertorio e interviste con scene di fiction girate per l’occasione. Il regista Giuseppe Pedersoli, figlio di Bud Spencer e nipote di Giuseppe Amato, che produsse “La dolce vita”, ha attinto dai racconti dei parenti e dagli scritti del produttore: diari, corrispondenze, documenti contabili, per ricostruire gli avvincenti retroscena di un film entrato nella storia del Cinema.
Il racconto inedito della nascita, del disastro annunciato, e del mito del film italiano più famoso nel mondo. Verso la fine del 1958 Federico Fellini attraversa un periodo professionale complicato. Ha gia’ vinto due Oscar per “La Strada” e “Le Notti di Cabiria” ma nessun produttore vuole realizzare il suo nuovo progetto: “La Dolce Vita”. Solo Giuseppe Amato, gia’ famosissimo cineasta per capolavori come “Umberto D.”, “Quattro passi tra le nuvole”, “Francesco Giullare di Dio”, “Don Camillo” solo per indicarne alcuni, comprende l’unicita’ del soggetto di Fellini, Flaiano e Pinelli. Amato e’ molto combattuto perche’ non vuole creare dissapori con De Laurentiis, che ha un contratto di esclusiva con Fellini, e perché sa benissimo che l’ operazione e’ molto rischiosa e infatti si rivelera’ come il progetto piu’ costoso mai realizzato fino a quel momento in Italia. Peppino, che e’ molto religioso, intraprende di notte un viaggio fino a San Giovanni Rotondo per ottenere la benedizione di Padre Pio per “La Dolce Vita”.
Le riprese del film iniziano il 4 marzo del 1959 dopo che Peppino Amato e’ riuscito a convincere il suo socio storico, Angelo Rizzoli, a finanziare assieme a lui il film ma il regista si rivela incontrollabile e i contrasti cominciano subito. La lavorazione e’ complicatissima e il costo del film sarà doppio rispetto agli impegni presi tra Fellini e i produttori. Il montato del regista è interminabile e Rizzoli con la Cineriz non crede nel progetto e non vuole piu’ distribuirlo. “La Dolce Vita” sara’ la causa della rottura del ventennale sodalizio tra Rizzoli e Amato e la chiusura della Riama Film. Nonostante questo, Peppino Amato difenderà sempre il capolavoro di Fellini fino all’ ultimo giorno, quando nella discesa di Via Veneto, divenuta così famosa dopo lo strepitoso successo del film, verrà colto da un infarto dal quale non si riprenderà più.