Oggi il Parco Archeologico di Pompei ricorda la ricorrenza dell’eruzione del Vesuvio. Secondo Plinio il Giovane, testimone oculare dell’evento, i fatti si svolsero il 24 agosto del 79 d.C., ma studi recenti non concordano con questa data
“Il 24 agosto del 79 d.C. è la data in cui, secondo ricerche basate sull’analisi filologica di un passo della lettera di Plinio il Giovane a Tacito, si colloca convenzionalmente l’eruzione del Vesuvio che portò alla devastazione di tutta l’area vesuviana”.
Questa l’introduzione del post pubblicato quest’oggi sulla pagina Facebook del Parco archeologico di Pompei per ricordare quel giorno, di cui, secondo la tradizione manoscritta, Gaio Plinio Cecilio Secondo, detto anche Plinio il Giovane, sarebbe stato testimone oculare. Plinio, che all’epoca aveva 18 anni, era detto Il Giovane per distinguerlo da Plinio il Vecchio, lo zio di cui era ospite e che in quei fatidici giorni morì soffocato dai fumi del vulcano. La sua testimonianza, ovvero la lettera inviata all’amico Tacito, il celebre storico latino, ricostruisce proprio le ultime, drammatiche ore di quella catastrofe ed è contenuta nelle Lettere ai familiari, epistolario e opera maggiore di Plinio il Giovane. Un documento di fondamentale importanza per la ricostruzione storica, che per questo motivo oggi è stato omaggiato e ricordato nei canali social del Parco Archeologico.
“Il paesaggio intorno era da sempre pacifico, rigoglioso e nulla faceva sospettare la natura vulcanica di quella ‘montagna’ e presagire quello che di terribile stava per accadere – si legge ancora nel post – Improvvisamente, invece, il vulcano si sveglia da un sonno durato oltre 1500 anni: il magma sale in superficie attraverso una serie di forti esplosioni. Una colonna eruttiva di gas, vapori e frammenti litici, in veloce ascesa, cresce progressivamente. Gli abitanti di Pompei e degli altri centri vicini assistono a questo spettacolo increduli, con un misto di curiosità e panico, mentre una pioggia di pietre e pomici bianche, sempre più fitta, si riversa sulle città”.
La data del 24 agosto indicata dallo stesso Plinio (che nella variante più accreditata del manoscritto delle Lettere colloca l’eruzione a nove giorni prima delle Calende di settembre) sarebbe stata tuttavia messa in discussione da alcuni studi archeologici, per i quali la data precisa sarebbe invece il 24 ottobre del 79 d.C. L’ipotesi, in particolare, è avvalorata dai risultati di indagini scientifiche basate, per esempio, sul ritrovamento di frutta secca carbonizzata, di bracieri utilizzati per riscaldarsi prima dell’eruzione, di mosto sigillato nei dolia in fase d’invecchiamento: indizi che fanno supporre che l’evento si sia verificato in periodo autunnale e non durante l’estate. Ulteriore prova, portata a tal proposito dalla direttrice del Parco Archeologico di Pompei, Grete Stefani, sarebbe il ritrovamento di una moneta riferita alla quindicesima acclamazione di Tito ad imperatore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79.
Un indizio, quest’ultimo, tuttavia contestato, in quanto non è dimostrabile che la moneta sia stata persa durante l’eruzione e non successivamente. Per questo motivo, per la ricorrenza ufficiale della tragica eruzione del Vesuvio viene ancora indicata la data del 24 agosto, quella suggerita dal testimone Plinio il Giovane.