Racconti brevi in grado di raccontare l’ordinaria eccezionalità dell’esistenza. I protagonisti del libro sono gli abitanti di una palazzina: persone comuni con il loro bagaglio di vita e dolori.
Tante storie ma un’unica narrazione: l’autrice con una penna sagace conduce il lettore nelle “solitudini urbane” di chi affronta l’esistenza tra le pieghe distorte e malinconiche della realtà.
Maria Evelina Buffa Nazzari, figlia d’arte, scrittrice e interprete teatrale e cinematografica, nel corso della sua lunga carriera, ha lavorato con attori e attrici come Alberto Sordi, Pino Micol, Alida Valli, Carlo Giuffrè, Martine Brochard, Ottavia Piccolo, Duilio Del Prete, Arnoldo Foà, Ileana Ghione e Paola Quattrini. Oggi continua a dedicarsi all’Arte in ogni sua forma raccontando attraverso la scrittura e il suo ultimo libro “Solitudini urbane” la straordinaria bellezza dell’ordinario.
“… è domenica sera, l’ora precisa non ha importanza, comunque è già buio e nel palazzo non dorme nessuno; un po’ per il caldo, un po’ per la nostalgia, ormai nell’aria, di un’estate quasi conclusa.
I chiassosi tacchi quattro centimetri della signora Mirella e lo scalpiccio di molti tacchi bassi contro le mattonelle di graniglia, il suono pungente e insistente del citofono che completa la sensazione di fastidio, rompono il limitato silenzio dell’edificio cittadino.
Quattro mandate dal tono grave riecheggiano nella tromba delle scale mentre l’intero condominio rimane sospeso e i suoi abitanti sembrano trattenere il fiato loro malgrado.”
Un buco sul pavimento, per via di un problema al riscaldamento, unisce tutte le case di una strana palazzina. Un uomo divorziato, dalla finestra del suo seminterrato, guarda le gambe dei passanti e degli inquilini del condominio: gambe lunghe, corte, affusolate, grosse, gambe sole, che conducono un’esistenza misera e dolorosa.
Queste gambe sono un po’ le protagoniste occulte di diciannove tranches de vie legate da un filo sottile, legate da quel buco nero e spaventoso che sembra inghiottirle in un’unica storia.
Sono le gambe di Leone, che dondolano dal soffitto dopo aver dato una spinta a una sedia; sono le gambe di una donna che parte per il Nepal invece di morire; sono le gambe lentigginose della ragazza che aspetta ancora la mamma; quelle della donna col culo grosso e della sua rivale…
Diciannove paia di gambe: gambe che passeggiano per casa, si fermano, corrono da una parte all’altra, gambe che fuggono; gambe che disegnano ognuna la propria storia, unite dal fil rouge della desolante, certa, solitudine.
“L’ultima replica dello spettacolo Il mutamento di Stefania Porrino è andata in scena al Teatro di Documenti a Roma il primo marzo 2020. Già da qualche giorno in compagnia si parlava di un misterioso virus comparso in Cina. Ma la Cina è lontana, commentavamo cercando di minimizzare. Il 9 marzo chiudevano i teatri, e non solo. Solitudini urbane racconta di un condominio, microcosmo nel quale i suoi abitanti possono permettersi di sentirsi soli ma sono, di fatto, legati irrimediabilmente fra loro. Come tutti noi, abitanti della terra. Ho cominciato a scrivere di queste solitudini, prima della pandemia, ispirata dal condominio in cui ho abitato per sette anni, e ho finito durante il Covid. Lui non c’entra, ma un po’ sì” Maria Evelina Buffa Nazzari.