Solo delegittimazioni velenose degli organi di stampa e dei siti che chiedono ragione della scandalosa condotta degli amici più intimi di Bergoglio. Intanto molti degli accusati con dovizia di prove sono stati “dimessi”
Contro la nuova, ma antichissima, inquisizione della Chiesa cattolica (si fa per dire) e per conoscere la realtà delle porcherie che avvengono intorno al regnante Pontefice leggete assiduamente i blog non allineati che raccontano con prove inconfutabili la Verità.
Il Giornale, Riccardo Cascioli
Un ufficio per «gestire sistemi di certificazione dei siti cattolici, per contrastare la diffusione di fake news riguardanti la Chiesa». È l’ inquietante richiesta contenuta nel documento finale del Sinodo sui giovani.
Sembra l’ ultimo tassello di una guerra sotterranea contro i siti accusati di criticare papa Francesco e alcuni suoi collaboratori, particolarmente attivi nel promuovere cambiamenti della dottrina.
Un ufficio per «gestire sistemi di certificazione dei siti cattolici, per contrastare la diffusione di fake news riguardanti la Chiesa». È l’ inquietante richiesta contenuta nel documento finale del Sinodo sui giovani.
Sembra l’ ultimo tassello di una guerra sotterranea contro i siti accusati di criticare papa Francesco e alcuni suoi collaboratori, particolarmente attivi nel promuovere cambiamenti della dottrina.
Neanche un’ idea particolarmente nuova visto che si riallaccia idealmente a una tradizione della Chiesa, ovvero quell’ Indice elenco dei libri proibiti restato in vigore dalla metà del XVI secolo alla metà del XX. Con una fondamentale diversità: l’ Indice si giustificava con la necessità di preservare il popolo cattolico dalle eresie che si diffondevano più facilmente con l’ invenzione della stampa. Oggi invece la censura vorrebbe colpire proprio chi richiama all’ ortodossia e non si allinea al «nuovo corso della Chiesa», fatto di «sorprese» che contraddicono quanto è stato creduto e vissuto per duemila anni.
Bella coppia, il predatore seriale McCarrick e il delfino Wuerl, intimi di Bergoglio. Foto Dagospia
Non per niente l’ origine di questa «guerra ai siti» si può far risalire all’ esortazione apostolica Amoris Laetitia (marzo 2016) che diversi episcopati hanno interpretato come il via libera alla comunione per i divorziati risposati, con l’ assenso della corte di papa Francesco. La gravità della questione si tratta di mettere in discussione, con il matrimonio, l’ intera morale cattolica aveva spinto quattro cardinali (Caffarra, Meisner, Burke, Brandmuller) a porre cinque domande dirette al Papa (i cosiddetti Dubia).
Non ricevendo alcuna risposta, i cardinali consegnarono quei Dubia ad alcune testate online (in Italia La Nuova Bussola Quotidiana e Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister). Scelta non casuale visto il conformismo della stampa cattolica ufficiale, già protesa nel sostegno a qualsiasi rivoluzione dottrinale. Altri siti, nel luglio 2017 hanno invece pubblicato e sostenuto una «correzione filiale», firmata da teologi, sacerdoti e intellettuali, in cui si metteva in guardia il Papa dal permettere il diffondersi di eresie.
Nel settembre 2017 è toccato poi al cardinale guineano Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino, affidare un suo importante documento ad una testata online ancora La Nuova Bussola Quotidiana per correggere le azzardate interpretazioni sulla traduzione dei testi liturgici seguite al Motu Proprio del Papa, Magnum Principium. Ma un mese dopo, con un gesto senza precedenti, papa Francesco imponeva al cardinale Sarah di fare pubblicare dallo stesso sito internet la sua risposta che sostanzialmente sconfessava l’ interpretazione del cardinale.
Proprio quest’ ultimo provvedimento lascia capire come il lavoro di certe testate online, che i vertici della Chiesa non possono controllare, disturbi il manovratore. Invece di prendere atto della confusione e del malessere che c’ è nei fedeli e anche in tanti consacrati a causa delle forzature dottrinali che un certo progressismo vuole imporre, in Vaticano si è preferito buttarla sul «politico», parlando di sacche di resistenza conservatrice a una presunta primavera della Chiesa che questo pontificato sta facendo sbocciare.
È la narrazione accreditata anche da papa Francesco quando nel gennaio scorso ha incontrato i gesuiti durante il suo viaggio in Cile e Perù, colloquio pubblicato dalla Civiltà Cattolica: «Per salute mentale io non leggo i siti internet di questa cosiddetta resistenza.
So chi sono, conosco i gruppi, ma non li leggo. Se c’ è qualcosa di molto serio, me ne informano perché lo sappia».
Ma quella dei siti che fanno resistenza è evidentemente una spina nel fianco, tanto che è stato riservato loro un posticino anche nell’ ultima esortazione apostolica di papa Francesco, la Gaudete et exsultate, dove si accusa alcuni cristiani di «partecipare a reti di violenza verbale mediante internet», e si afferma che «persino nei media cattolici si possono eccedere i limiti, si tollerano la diffamazione e la calunnia, e sembrano esclusi ogni etica e ogni rispetto per il buon nome altrui».
Nel frattempo la battaglia si è spostata sullo scandalo degli abusi sessuali e delle lettere di monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Stati Uniti, che ha chiamato in causa diversi prelati e lo stesso papa Francesco per aver volutamente ignorato la gravità delle accuse contro il cardinale Theodore McCarrick.
La corte papale che può contare sul sostegno dei principali media laici oltre che di Avvenire – cerca di ridurre il tutto a un problema di clericalismo, mentre i siti internet «incriminati» danno ampio spazio a chi sostiene che la radice del problema stia nell’ omosessualità tollerata e addirittura favorita ai vertici della Chiesa. La battaglia si fa dunque sempre più dura e per questo i media che sostengono la rivoluzione dottrinale cercano di delegittimare i siti indipendenti, che ultimamente cominciano non a caso ad essere definiti «sedicenti cattolici». Ecco dunque che si spiega meglio quella voglia di censura che certamente avrà un seguito.
Neanche un’idea particolarmente nuova visto che si riallaccia idealmente a una tradizione della Chiesa, ovvero quell’Indice elenco dei libri proibiti restato in vigore dalla metà del XVI secolo alla metà del XX. Con una fondamentale diversità: l’ Indice si giustificava con la necessità di preservare il popolo cattolico dalle eresie che si diffondevano più facilmente con l’ invenzione della stampa. Oggi invece la censura vorrebbe colpire proprio chi richiama all’ ortodossia e non si allinea al «nuovo corso della Chiesa», fatto di «sorprese» che contraddicono quanto è stato creduto e vissuto per duemila anni.
Non per niente l’ origine di questa «guerra ai siti» si può far risalire all’ esortazione apostolica Amoris Laetitia (marzo 2016) che diversi episcopati hanno interpretato come il via libera alla comunione per i divorziati risposati, con l’ assenso della corte di papa Francesco. La gravità della questione si tratta di mettere in discussione, con il matrimonio, l’ intera morale cattolica aveva spinto quattro cardinali (Caffarra, Meisner, Burke, Brandmuller) a porre cinque domande dirette al Papa (i cosiddetti Dubia).
Non ricevendo alcuna risposta, i cardinali consegnarono quei Dubia ad alcune testate online (in Italia La Nuova Bussola Quotidiana e Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister). Scelta non casuale visto il conformismo della stampa cattolica ufficiale, già protesa nel sostegno a qualsiasi rivoluzione dottrinale. Altri siti, nel luglio 2017 hanno invece pubblicato e sostenuto una «correzione filiale», firmata da teologi, sacerdoti e intellettuali, in cui si metteva in guardia il Papa dal permettere il diffondersi di eresie.
Nel settembre 2017 è toccato poi al cardinale guineano Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino, affidare un suo importante documento ad una testata online ancora La Nuova Bussola Quotidiana per correggere le azzardate interpretazioni sulla traduzione dei testi liturgici seguite al Motu Proprio del Papa, Magnum Principium. Ma un mese dopo, con un gesto senza precedenti, papa Francesco imponeva al cardinale Sarah di fare pubblicare dallo stesso sito internet la sua risposta che sostanzialmente sconfessava l’ interpretazione del cardinale.
Proprio quest’ ultimo provvedimento lascia capire come il lavoro di certe testate online, che i vertici della Chiesa non possono controllare, disturbi il manovratore. Invece di prendere atto della confusione e del malessere che c’ è nei fedeli e anche in tanti consacrati a causa delle forzature dottrinali che un certo progressismo vuole imporre, in Vaticano si è preferito buttarla sul «politico», parlando di sacche di resistenza conservatrice a una presunta primavera della Chiesa che questo pontificato sta facendo sbocciare.
È la narrazione accreditata anche da papa Francesco quando nel gennaio scorso ha incontrato i gesuiti durante il suo viaggio in Cile e Perù, colloquio pubblicato dalla Civiltà Cattolica: «Per salute mentale io non leggo i siti internet di questa cosiddetta resistenza.
So chi sono, conosco i gruppi, ma non li leggo. Se c’ è qualcosa di molto serio, me ne informano perché lo sappia».
Ma quella dei siti che fanno resistenza è evidentemente una spina nel fianco, tanto che è stato riservato loro un posticino anche nell’ ultima esortazione apostolica di papa Francesco, la Gaudete et exsultate, dove si accusa alcuni cristiani di «partecipare a reti di violenza verbale mediante internet», e si afferma che «persino nei media cattolici si possono eccedere i limiti, si tollerano la diffamazione e la calunnia, e sembrano esclusi ogni etica e ogni rispetto per il buon nome altrui».
Nel frattempo la battaglia si è spostata sullo scandalo degli abusi sessuali e delle lettere di monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Stati Uniti, che ha chiamato in causa diversi prelati e lo stesso papa Francesco per aver volutamente ignorato la gravità delle accuse contro il cardinale Theodore McCarrick.
La corte papale che può contare sul sostegno dei principali media laici oltre che di Avvenire – cerca di ridurre il tutto a un problema di clericalismo, mentre i siti internet «incriminati» danno ampio spazio a chi sostiene che la radice del problema stia nell’ omosessualità tollerata e addirittura favorita ai vertici della Chiesa. La battaglia si fa dunque sempre più dura e per questo i media che sostengono la rivoluzione dottrinale cercano di delegittimare i siti indipendenti, che ultimamente cominciano non a caso ad essere definiti «sedicenti cattolici». Ecco dunque che si spiega meglio quella voglia di censura che certamente avrà un seguito.