Il famoso canticchiare utilizzato come stratagemma dalle mamme per addormentarci fin da piccoli, non solo ha origini antichissime, ma ha degli effetti neurologici che sono stati studiati e dimostrati da vari ricercatori. Il potere del suono
(Repubblica)
Alcune delle più antiche risalgono a oltre cinquemila anni fa, quando i babilonesi cantavano ai loro figli per farli smettere di piangere la notte, così che non disturbassero la casa degli dei. Ma ancora oggi, inevitabilmente, ci passano un po’ tutti: niente di meglio di una bella canzone per convincere un bambino che è ora di dormire. Qualcuno si affida alle formule collaudate, le ninne nanne della tradizione come “Dormi bambino”. Altri alla musica della propria giovinezza, o ai grandi classici di ieri e di oggi. Ma perché? Cosa spinge gli adulti a comunicare con i più piccoli attraverso la musica? E come si scelgono le canzoni più adatte per calmare o far venire sonno ai neonati? Di recente se lo è chiesto la columnist del New York Times Paula Span, che con l’aiuto di alcuni neuroscienziati ha provato a fare il punto su quanto sappiamo oggi dell’efficacia delle ninne nanne. Scoprendo che, effettivamente, la passione dei più piccoli per la musica sembra scritta in profondità nei nostri geni, e nel nostro cervello.
Di ricerche nel campo se ne sono fatte molte negli ultimi decenni. E sembra ormai chiaro che i bambini, già nei primissimi mesi di vita, hanno un ottimo orecchio per la musica che gli permette di riconoscere ritmo e altezza delle note. E non solo. “La loro memoria per la musica è incredibile – racconta sulle pagine del New York Times Samuel Mehr, del Music Lab di Harvard – sono veramente ascoltatori eccezionali”. Con le sue ricerche, Mehr ha dimostrato ad esempio che un bambino di cinque mesi a cui viene canticchiata una canzone per una settimana è ancora in grado di riconoscerla otto mesi dopo. Allo stesso modo, i bambini piccoli tendono a prestare più attenzione a uno sconosciuto se canticchia un tema a loro noto, e sono meno diffidenti nei confronti degli estranei se queste si approcciano cantando una canzone familiare. Insomma: musiche e ninne nanne sembrano rivestire un ruolo fondamentale per la socializzazione nei primi mesi di vita, probabilmente superiore a quello della lingua parlata.
Uno studio dell’Università di Montreal, in effetti, ha messo alla prova l’effetto calmante che ha la musica sui neonati, dimostrando che tra i sette e i 10 mesi di età l’ascolto di una canzone è in grado di placare, in media, il pianto dei bambini per circa nove minuti: il doppio di quanto avviene in caso frasi parlate. Una ricerca dell’Università di Toronto ha chiesto invece a un gruppo di mamme di cantare una ninna nanna ai propri figli con due differenti intonazioni: una giocosa e una calmante. E osservando gli effetti a livello neurale, i ricercatori hanno scoperto che lo stato emotivo dei neonati durante il canto tende a uniformarsi a quello delle madri: eccitandoli quando sentono un motivo gioioso, e calmandoli in caso di un motivo più tranquillo.
Fino ad ora, probabilmente, non si tratta di nulla di nuovo: tutti i genitori imparano presto, sulla propria pelle, il potere di una bella ninna nanna. Ma la musica può fare anche di più, visto che sembra avere anche un potente effetto antidolorifico. Una ricerca del Great Ormond Street Hospital, nel Regno Unito, ha analizzato infatti l’effetto della musica su 37 bambini di età inferiore ai tre anni, ammessi nella struttura per problemi respiratori o disturbi cardiaci, dimostrando che 10 minuti di ninne nanne sono in grado di diminuire fortemente sia l’ansia (misurata come diminuzione della frequenza cardiaca) che la percezione del dolore dei piccoli pazienti, rispetto a quanto avvenga lasciando i bambini da soli, o leggendo loro una storia.
“Quando i bambini si trovano in situazioni stressanti la musica è una distrazione incredibile”, racconta sul New York Times la psicologa Sandra Trehub, dell’Università di Toronto. “Appena inizi a cantare sono immediatamente trasportati”. Merito – spiega l’esperta canadese – del senso di familiarità che provoca una melodia ascoltata più e più volte. Perché in un mondo che presenta costantemente stimoli nuovi, sconosciuti e stressanti, le ripetizioni aiutano i piccoli a tranquillizzarsi. “I bambini hanno delle aspettative su cosa sta per accadere – conclude l’esperta – e quando le loro aspettative sono appagate, questo dà loro un forte senso di soddisfazione e di conforto”.