Si può usare la buccia di arance e limoni per preparare dolci o marmellate? La domanda posta da un lettore è tutt’altro che banale, visto che spesso gli agrumi dopo la raccolta vengono trattati con sostanze spruzzate sulla superficie esterna per migliorare l’aspetto e la conservazione. Prima di rispondere va detto che il trattamento superficiale fino a pochi anni fa veniva fatto utilizzando alcuni additivi simili alle paraffine come il difenile (E 230), l’ortofenilfenolo (E 231), l’ortofenilfenolo sodico (E 232) oltre al tiabendazolo (E 233). Poi nel 2011 il regolamento UE 1129/2011 ha escluso questi agenti di rivestimento per agrumi, lasciando però campo libero al tiabendazolo che adesso può essere utilizzato non più come additivo ma come fungicida e antiparassitario. Un’altra sostanza fungicida autorizzata è l’imazalil.
In alcuni casi al posto dei vecchi additivi si usano cere naturali, come quella d’api (E 901), la cera carnauba (E 903) o la cera polietilenica ossidata (E 914) utilizzate anche dall’industria per ricoprire lo strato esterno di alcune caramelle. Il trattamento con cera d’api può però costituire un problema per i vegani così come l’impiego come lucidante di gommalacca (E 904) ottenuta dalla secrezione di insetti (questa sostanza una volta era impiegata per infondere una patina di lucentezza). La gommalacca oltre a migliorare l’aspetto sigilla i pori degli agrumi e non permette la respirazione del frutto, rallentando il metabolismo e prolungando la vita commerciale.
La legge obbliga i produttori a riportare sull’etichetta i trattamenti effettuati con le cere e con altre sostanze indicando il nome o il numero dell’additivo. «In Italia – spiega Antonello Paparella docente di Microbiologia alimentare all’Università degli Studi di Teramo – ai sensi del Reg. UE 543/2011 del 7 luglio 2011 e del D.M. 27 agosto 2004, l’obbligo della menzione “buccia non edibile” negli agrumi sussiste solo per i prodotti trattati con il fungicida imazalil. In tal caso, negli agrumi imballati, la scritta “trattato con imazalil – buccia non edibile” deve comparire, ben leggibile e visibile, su uno dei lati dell’imballaggio, mediante stampa indelebile o etichetta integrata o fissata. Nel prodotto venduto alla rinfusa, l’indicazione è riportata sui documenti di trasporto o su una scheda ben visibile all’interno del mezzo di trasporto.
Purtroppo tale obbligo non sussiste per gli agrumi venduti stato sfuso nei mercati rionali o nei negozi di ortofrutta, anche se qualcuno lo indica volontariamente nel cartello a fianco del prezzo, oppure espone un cartello in prossimità della merce con la dicitura “buccia non edibile”. La situazione attuale contrasta con il diritto del consumatore di conoscere se la buccia del limone che sta acquistando possa essere utilizzata per fini alimentari. Ciò vale anche nella ristorazione, dove sarebbe utile dare evidenza al cliente di un bar in merito all’edibilità della buccia del limone usato per il tè. L’unico consiglio che possiamo dare – conclude Paparella – è acquistare arance e limoni biologici che non vengono trattati oppure, comprare agrumi confezionati con retine o altri imballaggi dove compare la dicitura “buccia edibile”, dicitura non obbligatoria ma molto utile per il consumatore».
Alcuni sostengono che arance, mandarini e limoni venduti con il picciolo e le foglie non sono trattati con additivi. Non è proprio così. La presenza di foglie indica che la partita non ha subito trattamenti con le cere (è difficile lavare, spugnare, lucidare e spazzolare il frutto, mantenendo la foglia), ma non esclude che i frutti siano stati trattati con fungicidi e antiparassitari come l’imazalil per migliorare la conservazione.
Le arance vendute sfuse nel mercati rionali o nei banchi self-service dei supermercati non hanno quindi l’obbligo di riportare sull’etichetta le indicazioni relative alla presenza di additivi e agenti di rivestimento, che però devono comparire sulla cassetta utilizzata per il trasporto.
FONTE: https://ilfattoalimentare.it/bucce-arance-limoni-etichetta-additivi.html