(ANSA) – ANCONA, 21 MAR – La Cina ha scoperto l’agroalimentare marchigiano. Con il vino, soprattutto il Verdicchio, ma anche i Piceni autoctoni come il Pecorino e la Passerina, a fare da traino a un settore in costante crescita.
Secondo un’analisi di Coldiretti Marche su dati Istat le importazioni della tigre cinese, per il settore agroalimentare, sono cresciute del 424% negli ultimi 10 anni. Il 2018 si è chiuso con un export marchigiano che ha superato i 4 milioni di valore. La maggior parte, l’88%, è rappresentato dal vino che trova i suoi alfieri nelle province di Ancona, terra del Verdicchio, e in quella di Ascoli Piceno. Il dato percentuale marchigiano è superiore alla media italiana che segna un +254% dell’export, come rilevato da Coldiretti in occasione della visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia. Con l’apertura dei cinesi agli stili di vita occidentali, si potrebbe fare molto di più per incrementare ulteriormente l’export. “A frenare le spedizioni agroalimentari Made in Italy sono le barriere tecniche ancora presenti per le produzioni nazionali – fa notare Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche -. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, al momento per quanto riguarda la frutta fresca l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi, mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno specifico negoziato”.
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