ROMA – Il rischio di un blocco produttivo delle regioni del nord dopo l’allarme Coronavirus potrebbe imporre una frenata al settore manifatturiero italiano, compreso quello alimentare. Ne è convinto così Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, nel commentare le ultime notizie relative alla “chiusura” delle regioni settentrionali del Paese.
“È ancora presto – afferma Vacondio – per capire l’entità del problema, ma è chiaro che seguiamo la questione con grande apprensione: quanto sta accadendo a causa dell’allarme sul Coronavirus potrebbe essere una scure capace di frenare il volano economico della parte più produttiva del Paese e il faticosissimo percorso di ripresa di cui ha bisogno tutto il sistema”. Il Pil della Lombardia e del Veneto insieme, spiega Federalimentare in una nota, pesano sul Pil nazionale per il 32%. Se si aggiunge quello dell’Emilia Romagna, si arriva a una incidenza delle tre regioni pari al 41%. Una flessione anche solo del -1,0% di Pil del 41% del Pil nazionale – ammesso e non concesso che il resto del Paese dovesse confermare le previsioni ufficiali Ocse del Pil 2020 al +0,3% – basterebbe a portare in rosso il Pil nazionale 2020 di circa il -0,2% o -0,3%. È dal 2013 che il Pil, pur crescendo in modo del tutto insufficiente, non segna arretramenti in valuta costante. “Questo è il rischio macroeconomico incombente dell’anno in corso – sottolinea Vacondio, commentando i dati – tanto più considerando la pesante eredità della produzione industriale 2019 (-4,3% a dicembre e -1,4% sui 12 mesi)”.
A cadere nell’occhio del ciclone, secondo Federalimentare, potrebbero essere anche le eccellenze alimentari e dunque tutto un settore che finora si è dimostrato in controtendenza al resto dell’industria.
Confali, si rischiano perdite per 5 miliardi
“L’emergenza Coronavirus potrebbe comportare per la nostra economia complessivamente una perdita di Pil di oltre 5 miliardi”. E’ quanto afferma in una nota Donatella Prampolini, coordinatrice nazionali di Confali, il coordinamento della filiera agroalimentare di Confcommercio-Imprese per l’Italia, facendo riferimento alle stime dell’ufficio studi di Confcommercio e sottolineando: “restiamo a disposizione dei tavoli istituzionali per dare il nostro attivo apporto di informazioni sullo svolgimento delle attività”: così sull’emergenza Coronavirus. “Come sta già avvenendo in molti casi – prosegue Prampolini – confidiamo che venga garantita la gestione del normale svolgimento delle attività di distribuzione dei prodotti agro-industriali evitando che provvedimenti di carattere regionale possano creare serie problematiche all’operatività delle aziende. Ci auguriamo che l’attività possa continuare senza limitazioni o danni alle imprese del dettaglio, dell’ingrosso, della produzione e dell’ambulantato che insieme sono fornitrici di servizi necessari per le comunità locali e le città di riferimento”.
Filiera Italia, insostenibile bloccare il Paese
“Misure eccezionali per reagire a questa prima ondata sono comprensibili, ma pensare di sospendere ogni attività industriale e commerciale ogni volta che vengono individuati nuovi casi, non è sostenibile e avrebbe conseguenze drammatiche”. Lo fa sapere il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, commentando quanto è stato fatto nelle ultime ore per arginare la diffusione del coronavirus. “La risposta – sottolinea Scordamaglia – non può essere chiudere, senza una prospettiva temporale, imprese che sono veri e propri gioielli del made in Italy e parte integrante di filiere nazionali che ne risentirebbero in maniera diffusa. In gioco c’è oltre il 40% del nostro Pil nazionale”. Filiera Italia, in particolare, ricorda che sul fronte agroalimentare, che rischia di essere ancora più colpito per l’elevata deperibilità dei prodotti, l’export 2018 di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna totalizza il 50% del totale. La produzione e la libera circolazione dei prodotti agroalimentari deve essere sempre e comunque tutelata anche per evitare psicosi da “scaffale vuoto” come quelle viste in questi giorni. A un quadro tanto delicato si aggiunga la riduzione drastica dei consumi del canale del food service, un calo fino al 50% nelle regioni interessate solo durante il fine settimana scorso. “Ora è il momento di assoluta razionalità – conclude Scordamaglia – con misure che non rischino di compromettere l’andamento economico e sociale di queste regioni traino del Paese con effetti che si mostreranno a pieno per i prossimi mesi”.