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Il grissino italiano a rischio estinzione nella ristorazione (-50%): dagli esperti del food la ricetta per salvare un’eccellenza del made in Italy

Breadstick Day, la giornata che celebra in tutto il mondo l’arte del grissino

Il grissino è a rischio estinzione dai cestini del pane dei ristoranti italiani. Nella ristorazione, infatti, le
vendite a volume del più famoso sostitutivo del pane sono diminuite del 50% rispetto al 2019, ultimo
anno prima dello scoppio della pandemia, come hanno rivelato i dati dei consuntivi di vendita di Vitavigor
(vitavigor.com), azienda leader nel mercato internazionale degli snack salati e dei prodotti da forno. Il grido
d’allarme lanciato dall’azienda milanese arriva in occasione del Breadstick Day, la giornata in cui si celebra,
a livello internazionale, un’icona del food Made in Italy. Ma quali sono le principali cause alla base di
questo trend negativo nelle vendite del grissino nel canale ristorazione? In primis c’è da registrare come nei
ristoranti ad andare per la maggiore sono le porzioni monodose, le quali però, sempre più spesso, vengono
aperte dai clienti ma poi vengono lasciate a metà, inducendo così i ristoratori, a tagliare la referenza
grissino dai cestini del pane. C’è poi l’impatto economico determinato dalla coda lunga della pandemia e
dall’aumento dei costi delle materie prime che ha portato, tra il 2021 e il 2022, come certificato
dall’indagine svolta da NielsenIQ pubblicata dal portale Food, ad un aumento del +2,3% del prezzo medio
al kg dei grissini e addirittura del +13,9%, anno su anno, per i prodotti da forno confezionati, come svelato
dalla recente indagine svolta dall’Unione Nazionale Consumatori su dati Istat.
È dunque un destino irreversibile quello che si prospetta per il grissino italiano, storico prodotto della
millenaria tradizione culinaria italiana? Assolutamente no, come dimostrato dal coraggio e dalla resilienza
di Vitavigor che, in occasione del Breadstick Day, ha deciso di lanciare la campagna #savethegrissino: “Da
specialità creata ad arte nella corte dei Savoia, i grissini sono diventati ben presto in tutta Italia sia una
ricercata variante del pane, irrinunciabile per i ristoranti, sia nell’alimentazione e nella spesa ordinaria delle
famiglie, come sostituto del pane fresco, affermandosi poi sui mercati internazionali come uno dei capisaldi
del Made in Italy nel settore food – dichiara Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor, storica
azienda meneghina produttrice de “El super grissin de Milan” – Purtroppo l’arrivo della pandemia ha inciso
con forza sulle vendite di questa referenza e ancora oggi, dopo quasi tre anni, subiamo gli effetti provocati
dal crollo delle vendite nel settore della ristorazione e i segnali di ripresa sono lenti a mostrarsi. Non
possiamo quindi permettere che una tradizione millenaria della cucina italiana possa scomparire dai
cestini del pane e dai menù dei ristoranti italiani e facciamo dunque appello a tutti i consumatori e
ristoratori italiani affinché difendano con forza l’identità del grissino”.
La popolarità dei grissini è davvero molto ampia, ma quali sono le ragioni storico-culturali secondo gli
esperti? “Tradizione vuole che i grissini abbiano una storia antica quasi quattrocento anni – spiega Andrea
Maraschi, docente di Antropologia dell’Alimentazione presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-
Alimentari dell’Università degli Studi di Bologna – Siamo al tramonto del ’600 e il precario stato di salute
del giovanissimo duca Vittorio Amedeo II trova ristoro solo in un pane fatto appositamente per favorire la

sua digestione: allungato, croccante e senza mollica. L’invenzione ha immediato successo, e da pane del re
il grissino diventa pane di tutti. Questa la versione più nobile della storia, senza dimenticare quella
secondo cui le origini siano state di segno opposto (un pane più leggero e povero per tempi di carestia). Il
cibo ha la proprietà di creare e preservare nel tempo memorie piacevoli, e il grissino è associato al gesto
dell’ingannare l’attesa della prima portata addentando quella ghersa allungata che è ormai diventato
meccanico perché il grissino, a differenza del pane comune, non riempie. Se l’aumento vertiginoso delle
bollette dovesse quindi privarci di questo piacere, ci toglierebbe anche una parte di quelle memorie e
quindi dell’essere italiani, poiché la nostra identità è radicata anche nella memoria del buon cibo e dei
buoni sapori”.
Ma quali sono le caratteristiche esclusive del grissino secondo i panificatori e gli chef italiani? “I grissini
sono semplici, richiedono veramente pochissimi ingredienti, durano più del pane e possono essere
facilmente riutilizzati – afferma Luca Scarcella, panificatore torinese titolare de Il Forno dell’Angolo –
Queste caratteristiche ne fanno un prodotto sostenibile e dal bassissimo impatto ambientale in termini di
spreco. Gli avanzi dei grissini sbriciolati si possono usare in tutte quelle ricette che richiedono l’utilizzo di
panature, magari realizzando un mix goloso insieme ad olio di oliva e spezie. Possono anche essere
impiegati nella preparazione dei primi piatti in cui è prevista la mollica di pane raffermo come il sempre
attuali spaghetti, acciughe e mollica”.
I grissini sono un must sempre presenti sulle tavole della cucina, specialmente quella piemontese, aiutando
le persone a riscoprire i sapori di casa e l’infanzia: “La cucina tradizionale piemontese non può
prescindere dai grissini, rubatà o stirati, a seconda delle preferenze – svela Simona Vlaic, ristoratrice
titolare dell’Albergo Ristorante San Giors di Torino, il più antico della città, nato nel 1815 – Da noi al
ristorante sono protagonisti del nostro cestino del pane, apprezzatissimo protagonista della “mise en
place” dei tavoli. I grissini sono sinonimo di condivisione e famiglia: mangiandoli i clienti riscoprono i
sapori di casa e le fragranze della loro infanzia. Noi utilizziamo i grissini sbriciolati per la panatura della
nostra Grissinopoli, risposta subalpina alla storica milanese, nata nel ‘900: una cotoletta di vitello o di
sanato, che dovrebbe mantenere l’osso, passata nell’uovo e fritta, in burro o olio”.
L’arte e la tradizione del grissino non hanno solo un DNA piemontese e torinese ma sono diffuse anche
lungo tutto le altre provincie della Penisola: “Saper fare un buon grissino è un’arte. Trovare il giusto
equilibrio tra fragranza, croccantezza e aerosità non è cosa da poco – spiega Giovanni Ricciardella, chef
patron del Ristorante Lab & Rooms Cascina Vittoria di Rognano (PV) – Non c’è quindi da stupirsi se
imperatori come Napoleone e re come i Savoia si innamorarono di questo prodotto leggero e, per i tempi,
più facile da conservare. Da Torino, sua città natale, l’arte del grissino si è diffusa su tutto il territorio
italiano, divenendo un must da avere sulla tavola di ogni ristorante, in modo trasversale, dagli stellati alle
osterie. Si può usare tra l’altro in molte pietanze come, ad esempio, sbriciolato su una buona passata di
verdure o usato per panare le più svariate pietanze. Insomma, un alimento da avere e da gustare davvero
in tutti i modi”.

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