(ANSA) – MILANO, 26 MAR – Circa 288 milioni di euro. A tanto ammonta il fatturato del mercato del pesce d’allevamento in Italia. Un contributo rilevante arriva dalla filiera del caviale, eccellenza italiana per cui ci distinguiamo in ambito europeo, dove esportiamo il 90% della produzione (50 tonnellate all’anno), di cui solo il 10% è destinato al mercato interno. È questa la fotografia che emerge da un’elaborazione dell’Associazione piscicoltori italiani (Api), che riunisce oltre 300 imprese del settore, e da PerformFish, recente programma di ricerca finanziato dall’Unione Europea.
“La principale informazione che il consumatore cerca al momento dell’acquisto di prodotti ittici – spiega Andrea Fabris, direttore di Api – è l’origine del prodotto. Il made in Italy viene apprezzato sul mercato ed è sempre più marginale la differenza, di gusto e nutrizionale, tra pescato e allevato. Il prodotto ittico allevato non ha nulla da invidiare a quello pescato ed è più costante, fresco e tracciabile”.
Una tesi sostenuta anche dalla Società di Medicina Veterinaria Preventiva. “La possibilità di controllare tutta la filiera, dalla nascita alla macellazione, di avere sempre sotto controllo la natura delle materie prime utilizzate nei mangimi e tutto il suo ciclo produttivo – sottolinea Valentina Tepedino, medico veterinario specializzata nel settore ittico – fornisce sicuramente delle garanzie preventive dal punto di vista igienico-sanitario rispetto a quelle di un pesce selvaggio”.
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