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La migliore farina per la pizza fatta in casa? È italiana, ma non sempre

Il piatto italiano più amato e imitato al mondo

La pizza è il piatto italiano più amato e imitato al mondo, ma quella ‘Verace napoletana’ è l’unica codificata dal rigido disciplinare dell’omonima Associazione, riconosciuta ufficialmente dal 2010 come Specialità tradizionale garantita (Stg), immessa in commercio nelle varietà Marinara e Margherita e dichiarata Patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco nel 2017. Un prodotto farcito con pochi ingredienti, appoggiati su un disco di pasta morbido e facile da piegare ‘a portafoglio’, del diametro massimo di 35 cm, con il bordo rialzato (cornicione) largo 1-2 cm, gonfio, uniforme e dal colore dorato, ottenuto grazie a una particolare lavorazione dell’impasto (che lievita due volte per una durata variabile dalle 8 alle 24 ore) e a una cottura rapida ad alta temperatura in forno a legna.

“La pizza amatoriale fatta in casa è necessariamente diversa da quella dei professionisti – spiega la dottoressa Antonella Borrometi, tecnologa alimentare di Altroconsumo –. Comunque, per raggiungere un buon risultato, serve un impasto compatto ed elastico, capace di assorbire la giusta quantità d’acqua, che deve lievitare a dovere ed essere steso senza inconvenienti”. Per una buona pizza è meglio usare una farina di grano tenero: questa, insieme al lievito, permette all’impasto di raggiungere il giusto grado di maturazione, cioè di far attivare una serie di processi biochimici ed enzimatici che scindono proteine e amidi complessi in elementi più semplici.

“Più che il livello di raffinazione (00, 0, 1 o 2) – chiarisce l’esperta – contano altre caratteristiche, come la ‘forza’ e il rapporto tra tenacità ed estensibilità dell’impasto, che vengono valutate con uno specifico test di laboratorio e indicate rispettivamente con le unità di misura W e P/L. La prima è la capacità dell’impasto di resistere ai gas che si formano durante la lievitazione, gonfiandosi senza rompersi. Il secondo, invece, è la lavorabilità dell’impasto, cioè la possibilità stenderlo senza bucarlo”.

La forza della farina è un parametro determinato dalla percentuale delle proteine che compongono il glutine, gliadina e glutenina. Queste formano la struttura portante dell’impasto, sorreggendolo e consentendogli di lievitare a lungo senza sgonfiarsi. In una scala da 130 W (debole) a 500 W (molto forte), le farine considerate idonee per la pizza si collocano in un range che va da 240 W (per pizze a lievitazione rapida) a più di 300 W (per lievitazioni lunghe anche 24 ore in frigo). “Nelle farine professionali – prosegue Borrometi – i valori W e P/L sono generalmente indicati in una nota tecnica riportata dal produttore sulla confezione, ma per le farine commerciali non è così, è quindi bene orientarsi su quelle che riportano esplicitamente sulla confezione l’indicazione che si tratta di un prodotto adatto per la pizza”.

Per individuare la più valida tra le farine in commercio, Altroconsumo ha analizzato le caratteristiche di 20 marchi acquistabili al supermercato, di cui nove dichiaratamente ‘per pizza’. Tutti sono stati testati in forma anonima da laboratori indipendenti e poi utilizzati in una scuola professionale, per una serie di valutazioni pratiche guidate da chef esperti. Le farine sono state messe alla prova con tre impasti diversi per caratteristiche di idratazione e lievitazione, tra cui uno con il 75% di acqua, pochissimo lievito e 24 ore di lievitazione, una procedura tipica dei pizzaioli professionisti a cui tuttavia si stanno avvicinando anche i cuochi amatoriali. L’ultima analisi ha riguardato le confezioni, Altroconsumo ha infatti verificato anche la presenza delle indicazioni obbligatorie per legge e di eventuali altre informazioni facoltative, come l’origine della farina, le indicazioni d’uso, le modalità di conservazione e i riferimenti per contattare il produttore in caso di necessità. 

Le migliori farine commerciali per pizza sono risultate due, a pari merito. La Pizzeria di Mulino Caputo, che è la versione domestica della Sacco Rosso professionale, utilizzata dai pizzaioli di circa 100 Paesi nel mondo, e la Manitoba di Coop. La prima è una ’00’ classificata come molto forte, 100% made in Italy e ottenuta con una macinazione lenta, che consente di non danneggiare gli amidi e di mantenere inalterate le proprietà organolettiche del grano. La seconda è una farina di forza di grano tenero tipo ‘0’, prodotta da una selezione dei migliori grani americani ed europei.

“Alla luce dei test – conclude Borrometi –, entrambe queste farine si sono distinte per la buona lievitazione, la lavorabilità dell’impasto e la migliore resa a cotto. La pizza che se ne ottiene presenta una crosta friabile, una mollica con il giusto grado di umidità, un profumo e un sapore gradevoli. Le uniche differenze riguardano la consistenza della base, più porosa nel primo caso e leggermente compatta nel secondo, e il prezzo medio di vendita, che con 0,99 € al kg rispetto a 1,32 € al kg, rende il prodotto a marchio Coop più competitivo di quello prodotto da Caputo”.

Il riconoscimento è arrivato proprio nel mese che ospita il World Pizza Day, la giornata mondiale dedicata alla pizza che cade in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio, protettore degli animali, dei fornai e dei pizzaioli (17 gennaio). Quest’edizione ha visto molte novità, tra cui il lancio di una pizza veneta al 100%, realizzata con una farina certificata secondo gli standard Iso 2205 per la filiera e prodotta dall’azienda Molino Cosma, che dal 1930 ha sede a San Martino di Lupari (PD) e oggi è alla quarta generazione di mugnai. La farcitura? Altri prodotti tipicamente veneti come il radicchio tardivo di Treviso, il formaggio Asiago dolce, l’olio extravergine d’oliva del Garda e la tradizionale salsiccia Luganega. Obiettivo: esaltare le migliori espressioni dell’agroalimentare veneto, ma anche esportare la qualità della pizza anche al di fuori della Campania.

 

FONTE: IL FATTO ALIMENTARE https://ilfattoalimentare.it/migliore-farina-pizza-casa-italiana-caputo-coop-altroconsumo.html

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