Disprezzato in quanto sinonimo di fast-food, condannato da dietologi e salutisti, snobbato dalle mode culinarie stellate e “destrutturate” degli chef mediatici, spopola in versioni salutiste e sempre più ricercate
Il report “Global sandwiches market 2017-2021” della società di analisi di mercato americana Technavio nel 2021 le vendite di panini supereranno quota 100 miliardi di dollari. “Le fasce più abbienti della popolazione” spiegano “sono consapevoli della qualità dell’alimentazione e spingono sempre più il mercato a produrre sandwich salutari, gustosi e costosi”. Dunque: pane integrale arricchito di cereali, verdure, ingredienti genuini e raffinati. Anche negli autogrill italiani, luoghi per antonomasia da fast food, ma non necessariamente da trash food, è possibile trovare panini integrali, vegetariani o comunque farciti di formaggi e salumi dop o igp o stg, magari a chilometro zero. Un altro report americano di Technomatic, società che si occupa di ricerche e trend di mercato rivela che il 30% dei millennials gradirebbero che pub e ristoranti offrissero panini con proteine vegetali: i locali si sono già attrezzati proponendo creme a base di legumi, noci, anacardi, pistacchi, che quanto a gusto non hanno nulle da invidiare ad altri ripieni. Vari chef, anche in Italia, si sono messi al lavoro per sollevare le sorti del panino anche con ingredienti di alta cucina. Ad Arezzo, ad esempio, funziona da qualche tempo un piccolo ristorante in pieno centro, “Officine Panini”, “gastropaninoteca con proposta creativa di piatti e panini insoliti, con ottimo prodotto locale e di filiera corta“. Tra le specialità estive, “merca muggine” con muggine salato, caviale di chardonnay, melanzana, fondo di agrumi, daikon; “sgombro inverso”, con crema di bufala, semi di canapa sativa, affumicato al legno d’ulivo; “octopan II”, quest’ultimo con polpo a 80C, pomodoro verde, salicornia, squacquerone e zenzero… Anche nel linguaggio, un menu modernissimo, attraente e appetitoso.