Se lo spreco alimentare fosse un Paese sarebbe responsabile tra l’8 e il 10% delle emissioni a livello globale, al terzo posto dopo Stati Uniti e Cina e occuperebbe un’area pari alla superficie di quest’ultima. È questo il triste quadro emerso dalle ultime indagini dell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Il Belpaese, come il resto del mondo, continua ad essere complice dello spreco: il Food Sustainability Index realizzato da Fondazione Barilla ha infatti dimostrato che ogni italiano spreca 65 kg di cibo all’anno, 7 kg sopra la media europea di 58 kg. Nonostante il dato sia ancora troppo alto, il lockdown ha favorito il diffondersi di buone pratiche nella gestione del cibo fra le mura domestiche. Secondo la Fondazione, questo fenomeno è destinato a perdurare nel tempo, il che indicherebbe un beneficio in termini ambientali ed economici, visto che lo spreco in Italia vale circa 10 miliardi di euro, ovvero quasi 5 euro a famiglia alla settimana. Una problematica che ha portato startup e giovani ideatori allo sviluppo di numerose iniziative che cercano di limitare i danni. Una di queste è l’associazione no profit Recup, un progetto che agisce nei mercati scoperti sparsi nel territorio milanese per contrastare lo spreco alimentare e l’esclusione sociale. Il cibo viene recuperato e diviso tra commestibile e non, infine viene ridistribuito. Lo scorso anno grazie a questo sistema, l’associazione ha salvato 25 tonnellate di cibo edibile che hanno permesso di aiutare quasi 5000 famiglie beneficiarie nel contesto del progetto coordinato dalla Food Policy del Comune “Milano aiuta”.
Ad oggi Recup conta più di 230 volontari e per continuare ad essere efficiente si è affidata a WWG, innovativa software house presente in Italia da oltre 20 anni e riconosciuta da Clutch, piattaforma di valutazione e revisione di servizi offerti in ambito B2B, come uno dei principali fornitori italiani in ambito sviluppo web, servizi IT e sviluppo app. “Per molte persone il cibo che viene scartato è una fonte di sostentamento, ma Recup nasce con l’intento di condividere il cibo con tutti, a prescindere da status sociale, età, etnia. Il cibo non deve essere sprecato, se ancora commestibile. Sostenere Recup, portatrice dei nostri stessi valori, è una fonte di grande orgoglio – afferma Mohamed Deramchi, CEO di WWG – a livello mondiale i dati sullo spreco alimentare sono ancora drammatici e sapere che c’è un’intera comunità che collabora per recuperare il cibo dai mercati rionali, ridistribuendo alla comunità stessa, ci fa sentire parte del cambiamento. La collaborazione con Recup ha come obiettivo quello di fornire supporto nella creazione di un software gestionale per l’organizzazione dei dati interni. Attraverso una Web App, una Mobile App sarà più semplice mappare i mercati di Milano e periferia e gestire in maniera efficace le attività dei volontari sul territorio. Inoltre, l’attività di Data Analysis permetterà di analizzare e monitorare i kg di cibo salvati e distribuiti”.
“Siamo dell’idea che ciò che perde valore economico, può ritrovare valore sociale – spiega Alberto Piccardo, Presidente dell’Associazione a Promozione Sociale (APS) Recup – Nel 2015 abbiamo iniziato con un recupero di una tonnellata di cibo in un anno, per arrivare al 2019 con un recupero di 47 tonnellate. Il progetto è nato con l’intenzione di promuovere la partecipazione e la solidarietà attiva attraverso azioni correlate alle pratiche del recupero e della redistribuzione di cibo, in combinazione con la promozione di un consumo più etico e sostenibile. In pochi anni di attività siamo riusciti a creare una vera e propria comunità, dando vita a un contatto interculturale e intergenerazionale che prima mancava. Al momento è attiva anche RECUP + una campagna crowdfunding per creare una rete sinergica sul territorio per salvare un quantitativo sempre maggiore di prodotti ortofrutticoli. Abbiamo scelto come partner digitale WWG perché credono fermamente nel nostro progetto e insieme vogliamo allargare la nostra attività nei mercati milanesi per continuare a evitare sprechi e ridistribuire al meglio il cibo salvato.”
Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in Europa più del 20% di tutto il cibo prodotto viene gettato via, l’equivalente di 88 milioni di tonnellate l’anno. Uno spreco che solo nei Paesi dell’UE costa 143 miliardi di euro, di cui i due terzi, circa 98 miliardi, sono attribuibili allo spreco domestico. Bisogna essere consapevoli che lo spreco si verifica in ogni passaggio della filiera alimentare, dalla raccolta e stoccaggio alla trasformazione digitale, dall’agricoltore al consumatore. Basti pensare che solo nella fase di trasformazione industriale vengono sprecate circa 1,9 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, pari al 2,5% del totale. I prodotti scartati perché danneggiati o deteriorati durante le fasi di trasporto e stoccaggio, oppure perché fuori da determinati standard estetici, vengono gestiti come rifiuti o utilizzati per la produzione di mangimi, senza però essere distribuiti alle fasce deboli della popolazione. Dai dati forniti dalla Fondazione Barilla, l’industria lattiero-casearia e la lavorazione e conservazione di frutta e verdura sono i settori in cui si verificano maggiori sprechi. Questo fenomeno, che prende il nome di food waste e si colloca nella fase finale della filiera, in Europa conta uno spreco di 180 kg di cibo pro-capite all’anno e il 42% del totale è attribuito a livello domestico, circa 76 kg di cibo pro capite all’anno. Tra i prodotti che si sprecano di più nelle case degli italiani si trovano – in ordine decrescente – latticini, carne, uova, pasta e pane, prodotti ortofrutticoli e pesce, con una perdita di circa 450 euro l’anno a famiglia. Allo spreco domestico si aggiunge il fenomeno del food loss, ovvero quel cibo che non arriva nemmeno nelle case dei consumatori perché perso lungo la catena di approvvigionamento e di logistica alimentare. Pertanto, è fondamentale migliorare il livello di sensibilizzazione e educazione per sviluppare una maggiore consapevolezza tra i consumatori e gli operatori della filiera alimentare.