(ANSA) – ROMA – Cala di quasi il 60% la produzione di olio
extra vergine nella campagna 2017-2018, ma il 25% resta
invenduta. E’ il paradosso evidenziato da Italia Olivicola, che
conferma come l’Italia sia al centro di una grande speculazione.
L’Italia è il primo importatore di olio di oliva al mondo,
con 550 mila tonnellate e ha consumi record di quasi 600 mila
tonnellate; primati che dovrebbero giustificare una veloce
commercializzazione dell’olio italiano ma non è così. Secondo i
dati dell’Icqrf (Ispettorato centrale della tutela della qualità
e repressioni frodi), a fine settembre 100 mila tonnellate di
extravergine d’oliva italiano non era stato commercializzato;
questo in un’annata dove, secondo le elaborazioni Ismea, si
sarebbe raggiunto il picco dei consumi interni delle ultime
quattro campagne di commercializzazione. Per le produzioni
certificate va ancora peggio: le giacenze di olio extra vergine
Dop, Igp e biologico hanno addirittura superato il 100% del
volume di produzione annuale.
“E’ assurdo che un quarto del prodotto made in Italy ottenuto
rimanga in mano a olivicoltori e frantoiani in un’annata nella
quale abbiamo importato 550 mila tonnellate – afferma il
presidente di Italia Olivicola, Gennaro Sicolo – se il prodotto
italiano non viene venduto è ragionevole pensare che nelle
bottiglie venga spacciato per italiano olio che in realtà non lo
è”. Secondo il presidente, gli agricoltori si trovano costretti
a svendere il prodotto di qualità a prezzi bassissimi, così come
succede in Spagna e Tunisia. “Non si spiegherebbero i primi
riscontri sugli scaffali con prodotti definiti “100% italiani”
venduti a 2,99 euro al litro”, conclude Sicolo, secondo il quale
occorrono maggiori controlli, augurandosi un intervento concreto
del governo, per evitare che frodi e contraffazioni nei
confronti degli agricoltori e dei consumatori possano diventare
la normalità.