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Vincenzo Mancini
Circa 2500 fra dipendenti e collaboratori, 140 negozi in Italia, 1,4 milioni di clienti tesserati, un fatturato (al 2017) di oltre 350 milioni di euro e un utile netto di più di 10 milioni. Con questi numeri se n’è andato Vincenzo Mancini, patron dei negozi di articoli sportivi di Cisalfa Sport. Sessantacinque anni, nato alla Maddalena (sua madre era sarda), papà direttore di una fabbrica di mattonelle, lui perito elettrotecnico, appassionato di vela, insieme al fratello Maurizio aveva aperto il primo negozio di articoli per il tempo libero negli anni Settanta a Tivoli, vicino a Roma, dove viveva.
Tutto è iniziato nel 1971, il papà aveva perso il lavoro e per far quadrare i conti aiutava un amico che aveva un negozio di articoli sportivi. Faceva il commesso, montava attacchi per gli sci a 250 lire al paio. Poi l’idea di comprarlo quel negozio. Era il 1974.
L’acquisto dell’insegna Cisalfa risale al 1988. I negozi nel giro di pochi anni si sono moltiplicati: una decina nella capitale. Poi nel 1994 l’acquisto del gruppo Goggi, venti negozi al Nord e di Percassi, il gruppo che in Italia ha aperto le porte a nomi come Zara e Starbucks. Poi la Carnielli (biciclette), Germani (tre negozi a Milano) e la catena d’abbigliamento per bambini Cicogna. Infine Cisalfa si è presa anche alcuni negozi con il marchio Longoni sport. Sui suoi scaffali i marchi più noti nel mondo: Nike, Adidas, Fila, Arena e Puma.
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Vincenzo Mancini
Nel 2006 aveva venduto la maggioranza dell’azienda a fondi di private equity. Sei anni dopo se l’era ripresa: era in un momento di grave crisi ed è riuscito a rimetterla in piedi nel giro di 4 anni senza intaccare i posti di lavoro. Il suo sogno, raccontò in un’intervista, “crescere ancora per poter competere con gli altri gruppi europei, per far sì che ce ne sia uno italiano”.
In ballo c’era la quotazione in borsa. “Il futuro è la digitalizzazione delle aziende e dei grandi distributori – aveva detto – l’obiettivo è quelli di riaffermare la forza verso i clienti che sono i nostri ospiti privilegiati che dobbiamo coccolare e seguire. Il cliente è al centro di tutto”. Concretamente credeva che lo sviluppo di Cisalfa passasse per l’ecommerce e per il canale fisico di vendita. “Lo store del futuro? Lo immagino 50% virtuale e 50% fisico”. Un approccio multichannel, diremmo oggi: lui l’aveva capito qualche anno fa e sull’ecommerce aveva investito 5 milioni.
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