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Addio al superticket, ma cure salate per i redditi più alti

 

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha ribadito che la Sanità non subirà tagli e incasserà 2 miliardi nel 2020 (e 1,5 nel 2021), come previsto dalla manovra dell’anno scorso

di Marzio Bartoloni

2 ottobre 2019


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3′ di lettura

Il menù della manovra sanitaria prende forma con l’addio al superticket, il balzello da 10 euro su visite ed esami, e la promessa di un riordino dei ticket – a gettito invariato – che promette di colpire i redditi più alti.

Il peso della compartecipazione dei cittadini (il ticket appunto) sarà cacolato – si legge nella bozza di un Ddl che sarà collegato alla manovra – in base al reddito familiare equivalente («rapportato alla numerosità del nucleo familiare»)  ricorrendo all’Isee secondo un criterio di progressività che dovrebbe aprire la porta a varie fasce ed esborsi diversi (come accade a esempio già oggi in Toscana), ma con un limite massimo di spesa annua superato il quale non si dovrà più pagare.

Un decreto Salute-Mef entro il 31 marzo del prossimo anno individuerà le «nuove quote di compartecipazione» per le prestazioni specialistiche e di diagnostica (i ticket sui farmaci al momento sono esclusi) identificando le prestazioni esenti e le esenzioni per «i soggetti vulnerabili privi di reddito».

Una disciplina che terrà conto della «presenza di malattie croniche e invalidanti o di malattie rare ovvero del riconoscimento di invalidità o dell’appartenenza a categorie protette», si legge nel Ddl. Che sembra far pensare a una esenzione che non sarà più automatica per tutte queste categorie di pazienti, ma dovrà calcolare appunto redditi e patrimoni.

Come detto il riordino dovrà «assicurare l’invarianza di gettito totale»: oggi la compartecipazione dei cittadini vale 3 miliardi l’anno, 1,6 miliardi dai ticket sui farmaci e 1,4 da quelli sulle prestazioni specialistiche, quest’ultimi interessati dal Ddl a cui lavora il Governo.

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