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Alitalia una bomba pronta a esplodere, tra nuova proroga o liquidazione

dopo il no di atlantia

Per la vicenda ci sono solo due possibilità: o una nuova proroga delle trattative con Ferrovie dello Stato o l’avvio della procedura di liquidazione

di Gianni Dragoni

20 novembre 2019


Alitalia brucia 900mila euro al giorno

5′ di lettura

Alitalia è una bomba pronta a esplodere come l’Ilva. Dopo il no di Atlantia alla partecipazione al salvataggio, per la vicenda ci sono solo due possibilità: o una nuova proroga delle trattative con Ferrovie dello Stato o l’avvio della procedura di liquidazione. Il termine scade domani. Di certo non sarà presentata un’offerta, perché le Fs solo con il Mef e Delta Airlines non hanno la possibilità di fare un’offerta, essendo venuto meno il potenziale quarto socio che avrebbe dovuto iniettare tra i 350 e i 375 milioni di euro capitale nella Nuova Alitalia (la stessa quota di Fs, pari a una quota del 35-37,5%), cioè la società che avrebbe dovuto rilevare le attività della compagnia.

Governo spiazzato
Il governo è spiazzato. L’esecutivo decidere insieme a Ferrovie dello Stato, capofila del progetto di salvataggio scesa in campo con un’offerta il 31 ottobre 2018, quale sarà la prossima mossa. Dopo sette proroghe del termine per l’offerta finale e vincolante e lo stanziamento di ulteriori 400 milioni di aiuti pubblici alla compagnia l’ipotesi di concedere un’altra proroga alle trattative assomiglierebbe a una mossa alla cieca per guadagnare tempo, più che a una concreta possibilità di dare tempo per finalizzare una soluzione già individuata.

La responsabilità dei commissari
Anche i commissari (Stefano Paleari, Enrico Laghi e Daniele Discepolo) sono chiamati a una valutazione di responsabilità. Più si protrae l’attività della compagnia commissariata senza trovare una soluzione e più rischiano una responsabilità penale nel caso Alitalia dovesse finire in bancarotta per mancanza di acquirenti. Del resto la scelta del governo di iniettare altri 400 milioni nella compagnia, dopo i 900 milioni del prestito concesso dal governo Gentiloni e non restituito, è la conferma che Alitalia con le sue gambe non ce la fa più.

Cassa prosciugata
La liquidità è già negativa, se si escludono i soldi incassati per gli anticipi sui biglietti venduti per voli futuri. E si stima che intorno a metà dicembre la cassa di Alitalia dovrebbe azzerarsi. Sull’operazione pende anche il giudizio della Commissione Ue, che finora ha chiuso un occhio nella procedura aperta per il sospetto di aiuti di Stato. Probabilmente Bruxelles attendeva che si completasse la cessione, ma se questa via si rivela improponibile la pazienza degli eurocrati potrebbe esaurirsi.

Il cda di Fs
Oggi si riusnisce il cda di Fs per deliberare la proposta da presentare entro domani ai commissari insieme a una relazione dell’ad, Gianfranco Battisti. Prima del no di Atlantia le Fs – come era stato comunicato al premier Conte e al ministro dell’Economia Gualtieri – erano pronte a completare la costituzione del consorzio della Newco insieme al Mef e a Delta, aspettavano la risposta della società dei Benetton. Adesso questo non è più possibile e andrà individuata una nuova strada. In concreto sul tavolo c’è l’impegno di Delta a versare 100 milioni e avere il 10% della Newco.

La posizione di Atlantia
Secondo Atlantia questo è insufficiente per considerare Delta un vero partner industriale che dia solidità e prospettive di crescita alla compagnia. Atlantia inoltre ritiene insufficiente lo spazio offerta da Delta ad Alitalia nelle rotte verso il NordAmerica e nella nuova joint venture transatlantica Blue Skies, di cui fanno parte anche Air France-Klm e Virgin Atlantic. Alitalia sarebbe solo membro di secondo livello. La chiusura degli spazi ad Alitalia, secondo fonti autorevoli, è dettata in realtà da Air France-Klm, il partner di Delta occulto che si muove dietro le quinte e preferisce drenare traffico dall’Italia su Parigi per i voli intercontinentali anziché lasciare che Alitalia faccia voli diretti da Fiumicino o Malpensa. Delta ha spiegato che alcune limitazioni del ruolo di Alitalia sono dovute alla “fase di ristrutturazione” e che dopo la costituzione della Newco ci sarebbero dei miglioramenti. Ma ma questo non basta ad Atlantia.

La concessione di Autostrade
E qui entra in gioco la preoccupazione principale della società dei Benetton. Cioè quella di salvare la redditizia concessione di Autostrade per l’Italia che il M5S voleva revocare dopo il crollo del Ponte Morandi (43 morti). Il nuovo governo Pd-M5S ha smorzato i toni della polemica con i Benetton, il programma parla di “revisione” delle concessioni autostradali, non viene più usata la parola “revoca”. Ma da quanto trapela i Benetton vorrebbero una garanzia scritta su Autostrade, prima di impegnarsi su Alitalia. Anche per questo i trevigiani facevano il tifo per Lufthansa. Il loro rinnovato interesse aveva consentito di prendere altro tempo in una trattativa nella quale Atlantia era entrata, in via ufficiosa ma molto intensa, già alla fine di marzo, chiedendo però sempre più tempoe dicendo che le condizioni offerte da Delta non erano sufficienti.

La proposta di Lufthansa
I tedeschi non hanno mai cambiato posizione rispetto alla proposta presentata addirittura nell’aprile 2018, quando c’era ancora il governo di Paolo Gentiloni e al Mise c’era Carlo Calenda. “Prima la ristrutturazione, poi si può entrare nel capitale” è il messaggio di Lufthansa. E l’a.d. Carsten Spohr lo ha ripetuto in questi giorni, nonostante venissero messe in giro voci di una disponibilità dei tedeschi a investire fino a 150-200 milioni nella Newco Alitalia. “Prima ci deve essere la ristrutturazione di Alitalia. Solo dopo potremo considerare un investimento nella compagnia”, ha scandito Spohr.

Gli esuberi
Di fatto, però, Lufthansa non ha presentato un impegno a investire subito nella Newco, come ha chiesto il cda di Fs e anche quello di Atlantia, nella delibera-fotocopia del 15 ottobre scorso. I tedeschi vorrebbero che prima venisse firmato un accordo di ristrutturazione tra i commissari di Alitalia e i sindacati, con l’indicazione degli esuberi Solo a valle di questo accordo dicono che sarebbero disposti a valutare l’investimento azionario. Il piano originario dei tedeschi, secondo indiscrezioni, prevede 5-6.000 esuberi, su un organico complessivo di 11.500 dipendenti di Alitalia. Il piano Fs-Delta preevde da 2.500 a 2.800 esuberi. Ufficialmente Lufthansa nel febbraio scorso ha parlato di 3.000 esuberi, questa cifra è circolata di nuovo di recente durante i contati con Atlantia. Secondo fonti vicine al dossier, l’ipotesi di 3.000 esuberi però sarebbe nata da un suggerimento di Atlantia per ammorbidire il piano tedesco e si applicherebbe non all’intero perimetro di Alitalia, ma solo al personale navigante e a una parte degli uffici centrali (un totale di circa 7.500-8.000 dipendenti).

Handling e manutenzione
Resterebbero fuori dal calcolo degli esuberi le attività di manutenzione e handling aeroportuale a Fiumicino, che assommano circa 3.000-3.500 dipendenti. E questi che fine farebbero? Lufthansa non lo avrebbe precisato. Gli addetti all’handling potrebbero essere in parte assorbiti da Aeroporti di Roma oppure da un’altra società del gruppo tedesco che fa servizi aeroportuali (Swissport), ma prima del passaggio anche qui ci sarebbe una razionalizzazione, cioè dei tagli. Dunque il numero effettivo degli esuberi con la cura tedesca potrebbe risalire fino ad avvicinarsi al livello di 5-6.000 indicato nel piano originario.

L’ipotesi dei tedeschi al 70%
Da quanto trapela Lufthansa, se si realizzassero le condizioni che ha posto, sarebbe disponibile ad acquisire nel giro di due-tre anni la maggioranza della Nuova Alitalia, fino al 70% della compagnia. Questo offrirebbe anche una via d’uscita ad Atlantia, che potrebbe vendere il suo ipotetico 35% ai tedeschi. Ma prima si dovrebbe partire con l’operazione Newco e con l’offerta. Quello che oggi appare impossibile, anche perché non c’è una vera offerta di Lufthansa. I tedeschi non hanno neppure comunicato la loro posizione alle Fs.

Fonte

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