La nuova governance punta a sbloccare lo stallo di Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata nel rilancio dei propri beni sequestrati e confiscati alle mafie. Solo la Campania ha già avviato un Piano per la valorizzazione dei beni confiscati esemplari. Il caso della tenuta portata via al clan dei Casalesi
di Ivan Cimmarusti
2′ di lettura
A rilento la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità nelle regioni dalla storica presenza mafiosa. Si distingue la Campania, che ha fatto da apripista emanando un apposito “Piano per la valorizzazione dei beni confiscati esemplari”. Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata restano ferme, pur avendo sottoscritto protocolli di legalità. La nuova governance dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, presieduta dal prefetto Bruno Frattasi, punta a sbloccare questo stallo.
Nuove strategie di rilancio dei beni sequestrati e confiscati
È questo dei pilastri sul quale posa la nuova Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati (Delibera Cipe n. 53 del 25 ottobre 2018), che rappresenta la nuova frontiera della lotta alla criminalità organizzata. Perché il contrasto alle mafie, per essere tale, deve passare anche da un intelligente reinvestimento di tutti quei beni sottratti alle organizzazioni mafiose. Come anticipato nell’edizione di domenica del Sole24Ore , l’Agenzia nazionale ha depositato alla Commissione antimafia, presieduta da Nicola Morra (M5S), il piano di riassetto dell’ente. E una dote particolare è data al nuovo Tavolo nazionale, un organismo centrale “plurisoggettivo” co-presieduto dal direttore dell’Agenzia e dal capo Dipartimento per le politiche di coesione della presidenza del Consiglio dei ministri. All’interno del Tavolo, si legge nel documento della nuova governance agli atti dell’Antimafia, «è prevista l’attivazione di Gruppi regionali permanenti per la definizione di strategie di area che assicurino l’armonizzazione della programmazione di interventi».
GUARDA IL VIDEO – Salvini inaugura a Milano nuova sede Agenzia per beni confiscati
La riqualificazione della tenuta agricola sottratta al clan dei Casalesi
L’obiettivo è di «valorizzare tutti quei beni che per dimensioni, storia criminale, valore simbolico, potenzialità di sviluppo e prospettive occupazioni, abbiano le credenziali per stare al centro di progetti» in grado di rilanciare i beni sottratti alle mafie. C’è da dire che la Campania – unica tra le regione con la storica presenza mafiosa – ha già avviato un piano di rilancio. C’è già un progetto di riqualificazione della tenuta agricola de “La Balzana”, nel territorio di Caserta, bene sottratto al clan dei Casalesi, con un importante valore simbolico. Finanziamenti sono previsti dal Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020. Secondo il documento dell’Antimafia «l’intervento in Campania potrà fare da apripista di un apposito “Piano per la valorizzazione di beni confiscati esemplari”, cui destinare ulteriori risorse dal Fondo Sviluppo e Coesione».
In stallo le altre regioni del sud Italia
In questo senso i Gruppi regionali – istituiti come più su detto nel Tavolo nazionale – potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella valorizzazione dei beni. A partire da quelli della Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata, firmatarie di protocolli di legalità. Ma è chiaro che le mafie reinvestono e riciclano soprattutto nelle regioni più ricche del paese. D’altronde basta vedere i numeri per accorgersi della quantità di beni sequestrati nel Lazio, ma anche in Lombardia. Per questo l’Agenzia è pronta a sottoscrivere nuovi protocolli anche con «le altre Regioni, in considerazione della maggiore consistenza di beni confiscati presenti nel relativo territorio».