Quanto alla tipologia delle stazioni appaltanti, crescono i comuni (+11,5%) che pure avevano registrato un forte aumento lo scorso anno e che sono maggiormente interessati alla liberalizzazione delle opere (senza gara) disposta lo scorso anno, ma soprattutto crescono le utilities locali (+57,8%), la sanità pubblica (+64,3%), l’Anas (+105%), le concessionarie autostradali (+56,8%), le ferrovie (+28,6%).
Il Cresme ha reso noti anche i dati dell’ultima sessione di Euroconstruct, l’organizzazione che associa 19 istituti di ricerca del settore delle costruzioni di tutta Europa. Il mercato europeo delle costruzioni ha segnato nel 2019 una crescita del 2,3%: pesa la spinta dell’Europa orientale che non tocca più le punte vicine al 20% di crescita degli anni scorsi ma con il suo +7,3% stacca comunque l’Europa occidentale, ferma a +2%. I singoli Paesi che più tirano sono Ungheria (+13,3%), Irlanda (10,5%) e Polonia (8%). L’Italia è nelle posizioni medio-basse della classifica con +2,6%.
La frenata dell’Europa orientale prevista per il 2020 (+3,7%) ridimensiona l’intero settore europeo, che si ferma a +1,1%. Nel 2021, poi, la tendenza si accentua con l’Europa occidentale a 1%, l’Europa orientale a 1,3% e l’Europa nel complesso a +0,9%.
Il mercato europeo delle opere pubbliche continuerà invece a tirare ancora a lungo. Nel 2019 la stima è di +5,1% (10,8% nell’Est), nel 2020 +2,6%, nel 2021 +2,2%. Anche qui è l’Irlanda il Paese più in salute (+13% l’anno scorso, +15,4% quest’anno).
L’esercizio più interessante sui numeri Euroconstruct è però quello sui rapporti di forza fra Paesi. La fotografia evidenzia in modo crudo gli effetti della lunga crisi sull’Italia che ancora fino a dieci anni fa competeva, per dimensione del mercato, con i big europei.