La procura di Milano chiede al tribunale civile di «accogliere» il ricorso d’urgenza dei commissari dell’Ilva
(ANSA)
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«La vera causa della disdetta» di ArcelorMittal del contratto di affitto dell’ex Ilva non è l’abrogazione dello scudo penale ma «la crisi di impresa di ArcelorMittal Italia e la conseguente volontà di disimpegno dell’imprenditore estero». È quanto scrivono i pm di Milano nel ricorso depositato a sostegno di quello dei commissari Ilva nel procedimento contro ArcelorMittal, nel quale i magistrati definiscono «strumentale» l’uso del recesso sulla base del fatto che lo scudo penale è stato eliminato.
«No al blocco degli impianti»
La procura di Milano chiede al tribunale civile di «accogliere» il ricorso d’urgenza dei commissari dell’Ilva. In particolare, per i magistrati, «lo stato di crisi di ArcelorMittal Italia, essendovi pericolo di diminuzione delle garanzie patrimoniali per il risarcimento di eventuali danni, rende ancor più necessaria e urgente una pronuncia giudiziale che imponga» ad ArcelorMittal «di astenersi dalla fermata degli impianti e di adempiere fedelmente e in buona fede alle obbligazioni assunte».
Dirigente ai magistrati: «Mancano le materie prime»
Il 18 novembre ArcelorMittal Italia ha proceduto a comunicare ai suoi dirigenti «la temporanea sospensione» del piano di spegnimento dello stabilimento di Taranto, che prevedeva inizialmente che «il 10 dicembre si fermerà l’Afo 2 (altoforno), il 18 dicembre l’Afo 4 e infine l’Afo 1 in un periodo dal 5 al 15 gennaio». Tuttavia, «nonostante la sospensione del piano di fermata, l’azienda non ha tutto quello che serve per proseguire l’attività, in quanto l’approvvigionamento delle materie prime è stata cancellata». Queste le dichiarazioni rese ai magistrati di Milano che stanno indagando sul caso Ilva-ArcelorMittal dal dirigente di ArcelorMittal Italia Salvatore De Felice, come riportato dai pm del ricorso che è stato depositato questa mattina al tribunale civile di Milano per affiancare quello dei commissari dell’Ilva. I magistrati riportano le parole del dirigente, ascoltato come persona informata sui fatti, per avvalorare la loro posizione e quella dei commissari, che chiedono ad ArcelorMittal di non recedere dal contratto e in ogni caso di non spegnere gli impianti di Taranto.
«Lo stop non è mai senza danni»
Lo stesso testimone ha riferito ai magistrati di Milano che «l’ad Morselli ha dichiarato ufficialmente ai primi di novembre in un incontro con i dirigenti e i quadri che aveva fermato gli ordini, cessando di vendere ai clienti». Nella sua testimonianza, il dirigente di ArcelorMittal Italia, rispondendo alle domande dei pm sul funzionamento dello stabilimento di Taranto, spiega che «ogni fermata di un altoforno, e il successivo raffreddamento, seppure operato seguendo le migliori pratiche, non è mai senza danni, l’entità dei quali si può verificare solo quando si riparte», ribadendo che «i danni ci sono sempre, si tratta di verificarne l’entità» e «in ogni caso si riduce la vita tecnica dell’impianto» in quanto «l’altoforno per sua natura nasce per essere gestito in continuità», aggiungendo che «le cokerie sono ancora più complicate e delicate».
Società alle prese con difficoltà economiche
Sempre in relazione alle condizioni dello stabilimento di Taranto, i magistrati hanno sentito anche altri testimoni e nel riportare le loro parole nel ricorso puntano sul fatto che ArcelorMittal Italia è in difficoltà operative ed economiche e per questo vuole recedere dal contratto di affitto di ramo d’azienda dell’ex Ilva. In particolare, i magistrati hanno sentito Sergio Palmisano, dirigente di ArcelorMittal Italia, il quale ha parlato dei risultati economici del gruppo in Italia. «Siamo partiti con grande entusiasmo nel novembre 2018. Il primo trimestre non è andato bene, il secondo doveva segnare il pareggio ed è andato invece peggio del primo. Il terzo trimestre è stato peggiore anche del secondo e a detta di Jehl (ex ad di ArcelorMittal Italia, ndr) dovevamo recuperare 140 milioni, con taglio del personale con Cassa integrazione guadagni. Il quarto trimestre sarà difficilissimo perché a seguito del piano di fermata è sostanzialmente tutto fermo, abbiamo disdettato gli ordini dei clienti, le bramme prodotte saranno spedite altrove», ha dichiarato Palmisano ai pm, come emerge dal ricorso. Sulla situazione di difficoltà economica di ArcelorMittal Italia, i magistrati riportano anche le dichiarazioni di altri due dirigenti della società, comprese quelle del direttore Finance, Steve Wampach.