Commercialisti e avvocati tornano a sperare. In caso di scrittura privata di affitto d’azienda, l’autenticazione della sottoscrizione e il deposito dell’atto potrebbero essere effettuate anche da queste due categorie professionali. Dopo lo stop all’attribuzione delle competenze finora esclusiva dei notai sulla cessione di quote arrivato durante l’esame in commissione alla Camera della proposta di legge sulle semplificazioni fiscali, la Lega rilancia con un emendamento a prima firma di Alberto Gusmeroli nella conversione del decreto crescita a Montecitorio sul coinvolgimento di commercialisti e avvocati iscritti ai rispettivi Albi. Ma non solo. Per i commercialisti si riapre anche il fronte del riconoscimento delle specializzazioni con posizioni al momento distanti tra Consiglio nazionale (Cndcec) e i sindacati di categoria Anc e Adc.
La nuova formulazione
Poche righe che si vanno ad aggiungere alla formulazione attuale dell’articolo 2556 del Codice civile che prevede come « contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda» debbano essere effettuati in forma scritta e « epositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante». Come anticipato, l’emendamento non torna sulla querelle della cessione su cui si era scomodata anche la Direzione nazionale antimafia paventando in un parere i rischi in termini di riciclaggio di un allargamento delle competenze al di fuori dei notai. Il correttivo della Lega al decreto crescita limita, infatti, l’estensione ad avvocati e commerciali solo ed esclusivamente alle scritture private per affitti d’azienda.
Le specializzazioni dei commercialisti
Altro fronte caldo è quello delle specializzazioni. Un altro correttivo al decreto crescita presentato tanto dalla Lega quanto dal M5S e che potrebbe trovare sponda anche nel Pd punta ad accogliere le proposte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec).In particolare, secondo la proposta di emendamento, il titolo di specialista sarebbe riconosciuto ai soli iscritti nella Sezione A dell’albo e potrebbe essere conseguito:
•all’esito di percorsi formativi della durata minima di duecento ore da coloro che sono iscritti nella sezione A dell’Albo da almeno due anni (il requisito dell’anzianità di iscrizione all’albo può essere maturato anche durante la frequenza dei percorsi formativi);
•da iscritti nella sezione A dell’albo da almeno due anni che abbiano conseguito un diploma di specializzazione universitario, ovvero la qualifica di professore universitario di ruolo in materie giuridiche ed economiche corrispondenti ai settori di specializzazione;
•a seguito della comprovata esperienza nel settore di specializzazione da coloro che hanno maturato una anzianità di iscrizione nella Sezione A dell’Albo di almeno dieci anni e che dimostrino di avere esercitato negli ultimi cinque anni attività professionale in uno dei settori di specializzazione individuati dal regolamento.
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Le critiche dei sindacati Adc e Anc
Una proposta che però ha trovato subito lo sbarramento da parte dei due sindacati di categoria Adc e Anc.
In una nota congiunta hanno fatto notare come «dopo mesi di discussione sulla questione, dopo aver argomentato sul perché un corso di formazione non può essere considerato più valevole di un’esperienza decennale sul mercato, dopo aver ribadito che un albo suddiviso tra specialisti e commercialisti di serie B porterebbe unicamente allo svilimento della professione, prendiamo atto che tutti i nostri rilievi sono rimasti inascoltati; il Consiglio nazionale chiede che le specializzazioni, così come da loro declinate, diventino legge, cancellando con un colpo di spugna tutto il dibattito precedente». E, a loro avviso, «una riforma così dirompente non può passare attraverso un emendamento su un singolo articolo del nostro ordinamento professionale, oltretutto inserito in un provvedimento che nulla c’entra con la nostra professione».
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