Illustrati i numerosi rischi al ribasso e al rialzo per la crescita internazionale presenti sui mercati
di Rossella Bocciarelli
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Se qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio sul fatto che il 2020 non sarà precisamente un anno facile da gestire, per chiunque sia chiamato a prendere decisioni ogni giorno – cioè chi siede al governo, oltre agli operatori economici e a quelli finanziari – potrebbe utilmente consultare l’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia. Bollettino che riassume, in modo dettagliato, i numerosi rischi al ribasso e al rialzo per la crescita internazionale presenti sui mercati.
Usa-Cina, un confronto ancora aperto
Così, se il commercio mondiale ha ripreso ad espandersi e vi sono stati segni di attenuazione delle dispute tariffarie fra Stati Uniti e Cina, le prospettive restano incerte e sono in aumento le tensioni geopolitiche: nonostante l’accordo dei giorni scorsi, i dazi in vigore tra Stati Uniti e Cina restano comunque ben più elevati rispetto a due anni fa. Senza contare che il colosso cinese sta rallentando e ha chiuso il 2019 con una crescita del 6 per cento, comunque il valore più basso dell’ultimo trentennio. E senza considerare che il 2020 sarà l’anno delle elezioni Usa, con tutte le implicazioni che questo appuntamento tradizionalmente ha sullo scenario globale.
Un dopo-Draghi senza scossoni
Non basta: vi sono certamente aspettative meno pessimistiche sullo sviluppo favorite un orientamento di politica monetaria che resta ultra-accomodante anche nella Bce guidata da Christine Lagarde. Ma queste stesse scelte hanno spinto al rialzo i corsi azionari e agevolato un moderato recupero dei tassi a lungo termine. Inoltre, il Bollettino della banca centrale italiana ricorda che nell’eurozona l’attività economica verrà frenata soprattutto dalla debolezza dell’industria manifatturiera, molto accentuata in Germania, paese che pesa per il 30 per cento sull’economia continentale.
Un inizio d’anno con il freno tirato ma le previsioni non cambiano
Infine, le ultime informazioni disponibili sulla produzione industriale fanno stimare un quarto trimestre dell’anno pressoché stazionario, anche se i nuovi dati Istat sul Pil li conosceremo soltanto il 31 gennaio prossimo (e le nuove stime del Fmi il 21). Un andamento che non inficerà il risultato del 2019 (nell’anno appena concluso il Pil dovrebbe crescere dello 0,2 per cento), ma potrebbe condizionare negativamente l’eredità statistica dell’anno in corso.
Con tutto ciò, Bankitalia lascia nei fatti invariate le proprie previsioni formulate alla vigilia di Natale (un esercizio condotto nell’ambito dell’Eurosistema) che pure rivedevano al ribasso le proiezioni formulate a luglio 2019. E, pur ricordando che lo sviluppo potrebbe risultare inferiore a quanto prefigurato a fronte di ritardi nella realizzazione dei cospicui investimenti pubblici programmati, presenta una stima di crescita per il 2020 che indica un incremento del Pil pari allo 0,5 per cento quest’anno, allo 0,9% nel 2020 e al +1,1 nel 2022.
Eurozona,ora tocca alla politica di bilancio
Dietro questi numeri c’è quindi una scelta coraggiosa: quella di chi, assumendo l’Europa come propria stella polare, non rinuncia in ogni caso a incalzare la nuova Commissione europea a fare di più e a sbrigarsi ad adottare una politica di bilancio realmente incisiva. Perché mai come ora è tanto evidente che spetta alla fiscal policy europea – ma forse anche a quella nazionale – fare davvero la sua parte, visto che dalla politica monetaria più di così non ci si può aspettare. Un coraggio che, come ha sottolineato Valerio De Molli su Il Sole 24 ore, agli operatori economici in questi anni non ha mai fatto