Le parole del presidente dell’associazione datoriale alla stampa estera: «Mi sarei aspettato a Villa Pamphili un progetto dettagliato. Pronto il Piano 2030 delle imprese. Essenziale la collocazione internazionale dell’Italia»
di Nicoletta Picchio
Le parole del presidente dell’associazione datoriale alla stampa estera: «Mi sarei aspettato a Villa Pamphili un progetto dettagliato. Pronto il Piano 2030 delle imprese. Essenziale la collocazione internazionale dell’Italia»
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Avrebbe voluto vedere da parte del governo un programma per far ripartire l’economia con indicati tempi e numeri. Intanto Confindustria, come ha annunciato ieri il presidente, Carlo Bonomi, ha messo a punto un suo piano per l’Italia, raccolto in un libro, con il 2030 stampato sulla copertina, ad indicare la prospettiva di medio-lungo periodo. L’ha fatto vedere ieri, nella conferenza stampa con i giornalisti esteri, che si è tenuta a Milano, lo illustrerà domani, nell’incontro fissato con l’esecutivo.
«Mi sarei aspettato che nelle convocazioni a Villa Pamphili il governo presentasse un piano ben dettagliato, con un cronoprogramma, con gli effetti attesi, in quanto tempo, gli effetti sul Pil», ha esordito Bonomi. «Questo piano non l’ ho visto, sarei curioso di leggerlo, vorrei ascoltarlo. Detto ciò come Confindustria noi siamo sempre positivi e propositivi quindi andremo a Villa Pamphili dicendo quello che pensiamo, soprattutto presentando un nostro piano ben preciso. Sarà pubblicato, ne abbiamo fatto un libro».
L’incontro con la stampa estera è stata l’occasione per mettere in evidenza il ruolo dell’Italia sullo scenario mondiale: una confronto fortemente voluto da Bonomi, come ha detto ieri, «partendo da tre riflessioni. E cioè che Confindustria considera essenziale la collocazione internazionale dell’Italia. Una collocazione fondamentale perché viviamo in una economia di interdipendenza, specie per le caratteristiche del nostro paese, fortemente trasformatore e con poche materie prime, che rendono importante essere ancorati nelle catene del valore aggiunto mondiali». Per questo occorre realizzare strategie nazionali, paragonabili a quelle degli altri grandi paesi europei, a sostegno delle filiere produttive italiane nelle catene globali del valore e della fornitura, dove l’eccellenza del made in Italy ha saputo conquistare posizioni di forza crescenti.
«Noi ci crediamo, non molliamo, e ci impegneremo veramente affinché il paese possa esprimere quelle potenzialità che ha e che gli hanno permesso di essere un grande paese trasformatore, secondo esportatore dopo la Germania», ha detto Bonomi. Sottolineando un’importante differenza tra noi e i tedeschi, con un auspicio: «Poter mettere in campo quei modelli come ha la Germania di rapporti tra istituzioni e parti sociali che hanno consentito in 21 ore di discussione di mettere in campo di 15 pagine e un bazooka da 120 miliardi per rilanciare l’economia».
L’Italia deve recuperare terreno: all’inizio dell’anno, ha messo in evidenza Bonomi, era l’unico grande paese europeo ad essere già in recessione. Tra il 2014 e il 2017 a spingere la ripresa era stato l’export, insieme a Industria 4.0. «Aver soffocato quella spinta, congelando Industria 4.0 e continuando a gonfiare la spesa corrente per poi tagliare gli investimenti pubblici ha reso l’Italia più debole dei concorrenti sotto i colpi del virus». La riflessione di Bonomi è che «veniamo da errori di lunga durata. Siamo tra i paesi occidentali quello che ha più problemi di demografia. L’Italia viene fuori da 25 anni di bassa produttività e su questo non siamo mai intervenuti». E poi, ha continuato il presidente di Confindustria «c’è soprattutto una propensione del pubblico di entrare ormai nella dimensione di gestore dell’economia, cosa che, se prendiamo alcuni esempi come Alitalia o Ilva, vediamo i danni che ha prodotto».