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Burocrazia, il vero male delle imprese. Nel Mezzogiorno vale il doppio rispetto al resto d’Italia

Uno studio di Confartigianato stila una classifica delle regioni in cui la burocrazia ha una maggiore incidenza sull’economia e gli investimenti: ai primi sei posti figurano regioni del Sud e Isole, dove le carte pesano il doppio rispetto al Nord

Nel Mezzogiorno il peso della burocrazia è doppio rispetto a quello riscontrabile nel Centro-Nord, con effetti diretti ed immediati sull’andamento del prodotto interno lordo”. 
È Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia, a lanciare l’allarme a seguito di uno studio con il quale l’associazione degli artigiani e dei piccoli imprenditori dimostra quanto la burocrazia incida sull’economia meridionale e sugli investimenti. In particolare è stato elaborato un indice, prendendo in esame dieci indicatori: tempi della giustizia civile e tributaria, tempi di pagamento della pubblica amministrazione, lunghezza delle code in uffici che erogano servizi, pratiche online gestite dai Comuni, durata opere pubbliche, corruzione, qualità di governo, assenteismo per malattia dei dipendenti pubblici e creazione di valore delle partecipate dagli enti territoriali. 

I primi sei posti della speciale classifica sono occupati dalle regioni del Sud e dalle Isole. In generale, il Mezzogiorno ottiene un indice della burocrazia che risulta del 48,2% più ‘appesantito’ rispetto a quello del Centro-Nord
Nel dettaglio, al primo posto figura la Sicilia (valore dell’indice 802,6), seguita dalla Calabria (786,5), Campania (725,4), Basilicata (678,1), Puglia (673,9), Sardegna (673,3). 
Il Mezzogiorno, dunque, ha ottenuto questo triste primato, con un valore dell’indice pari a 704,9; seguono il Centro (572,7), Nord-Ovest (438) e il Nord-Est (384,5). 

Complessivamente, il peso della burocrazia risulta molto più elevato rispetto alla media dei Paesi dell’Unione europea, con gravi ripercussioni sullo svolgimento dell’attività di impresa, anche a causa dell’abnorme mole di leggi: basti pensare che al 6 giugno 2018 risultano vigenti 136.987 atti normativi pubblicati negli ultimi cento anni, dal 6 giugno del 1918. Va peraltro evidenziato come l’indice Confartigianato della burocrazia mostra una forte correlazione negativa con il Pil pro-capite a valori correnti, associando un maggiore peso della burocrazia alle regioni – fenomeno prevalente in quelle meridionali – con un minore reddito per abitante e generando una spirale di burocrazia e bassa crescita.

Secondo Sgherza, “lo studio di Confartigianato conferma con evidenze empiriche la percezione largamente diffusa che la burocrazia sia uno dei mali atavici del nostro Paese. Inquieta non poco che il suo peso nei territori del Mezzogiorno arrivi a doppiare quello riscontrato nelle regioni del centro-Nord La Puglia non si piazza affatto bene in questa classifica: d’altro canto i ritardi accumulati sul fronte dell’utilizzo dei fondi strutturali così come l’estenuante lentezza nella realizzazione di appalti e programmi di vitale importanza per il nostro territorio sono la rappresentazione plastica di quanto la macchina burocratica, ad ogni livello, dia da tempo segni di malfunzionamento. I contorti meccanismi che la governano non soltanto rendono difficoltoso il lavoro delle imprese esistenti, ma scoraggiano la creazione di nuove aziende ed inibiscono gli investimenti. Basti pensare ai tempi necessari per ottenere un’autorizzazione o alla durata di un procedimento civile. Il Mezzogiorno va inquadrato per quello che è: la più grande opportunità, per questo Paese, di tornare a crescere. All’Esecutivo chiediamo di affrontare in maniera risolutiva questioni ormai storiche: semplificazione normativa e istituzionale, sblocco delle infrastrutture, lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, riforma del sistema fiscale”.

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