“Quasi il 30% delle imprese italiane è a rischio collasso per il caro prezzi“. A lanciare il grido d’allarme sono i rappresentanti di 800 aziende del settore costruzioni provenienti da tutta Italia che oggi si sono autoconvocati a Roma, all’Hotel Parco dei Principi, per un confronto sul tema e per chiedere al Governo “provvedimenti legislativi coraggiosi e lungimiranti“ perché al momento “il Pnrr è a rischio“.
Ciò è dovuto alla corsa ai rialzi: non solo gasolio e benzina, pur determinanti nei trasporti del comparto, ma anche i materiali specifici come ferro o calcestruzzo sono schizzati alle stelle. Rincari che i costruttori segnalano da oltre un anno e che adesso, complice la situazione geopolitica in Ucraina, sono diventati ancora più pesanti.
Secondo le stime dei rappresentanti che si sono riuniti a Roma, il comparto costruzioni in Italia conta circa 1.500.000 imprese considerando le industrie produttrici di materiali, i sistemi e i componenti per le costruzioni, le imprese di costruzioni strutturate anche Pmi, micro imprese di un addetto iscritte alle Camere di commercio con partita Iva, distributori e rivenditori di materiali edili, intermediari vari, noleggiatori di macchine e attrezzature. Un comparto che rappresenta il 29,4% delle imprese italiane.
Secondo gli autoconvocati a Roma “i dicasteri interessati hanno introdotto (peraltro in maniera tardiva) delle modifiche normative del tutto insufficienti, visto che continuano a lasciare le responsabilità in capo alle stazioni appaltanti e ai RUP (Responsabili unici del procedimento). E’ questo il motivo per cui i contratti in corso di esecuzione non potranno essere portati a termine, mentre per i nuovi appalti esiste il rischio concreto che i cantieri non aprano i battenti. Il tutto, con l’insorgere di contenziosi e con la mancata fruizione delle opere”.
I costruttori portano come esempio il comparto Anas, dove le aziende sono circa 1.500, la forza lavoro conta circa 5mila unità e il fatturato del 2020 è di 2,3 miliardi di euro. Le gare aggiudicate da Anas non più gestibili ammontavano a 4,4 miliardi di euro nel 2019 e a 6,4 miliardi di euro nel 2020 perché gli incrementi delle materie prime (rispetto alle gare aggiudicate) pesano per il 35%. Il Governo ha messo a disposizione 150 milioni di euro ma i costi per sopperire solo gli aumenti del comporto anas sono, su base annuale, oltre 600 milioni.
Data la situazione, le 800 imprese propongono in una lettera a Draghi queste soluzioni:
Per i lavori in corso di esecuzione:
– un aggiornamento straordinario dei prezzari in uso, al fine di ristabilire l’equilibrio contrattuali;
– per gli Accordi Quadro già aggiudicati sulla base di prezzari non aggiornati (risalenti al 2020 o prima), imporre un aggiornamento dei progetti prima dell’affidamento degli applicativi;
– consentire la risoluzione contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta, senza sanzioni e/o segnalazioni all’ANAC per l’appaltatore;
– garantire l’esonero da responsabilità per causa di forza maggiore, nel caso di ritardi/inadempimenti dovuti agli incrementi in atto e alle difficoltà di reperimento dei materiali.
Per i lavori di prossimo affidamento:
– prevedere un costante aggiornamento straordinario dei prezzari da porre a base di gara, al fine di tener conto della crisi congiunturale internazionale;
– inserire nei contratti una vera clausola di revisione dei prezzi in linea con le migliori esperienze internazionali, per garantire il costante allineamento del contratto alle fluttuazioni – al rialzo e al ribasso – del mercato.