Nella sfolgorante carriera del neodirettore di Repubblica (manca solo l’ufficialità) c’è stata solo una parentesi buia. Quella in Rai, da direttore editoriale dell’offerta informativa. Voluto dall’allora direttore generale Antonio Campo Dall’Orto nel 2015, Carlo Verdelli a gennaio 2017 si dimise, dopo una lunga guerra interna alla sua struttura che doveva elaborare un piano di riforma dell’informazione e dopo la bocciatura del Cda: non erano piaciuti, in particolare, l’accorpamento di RaiNews e TgR e lo spostamento della redazione del Tg2 a Milano: “La mia Rai è cominciata e finita con un cactus”, spiegò poi, scherzando sulla pianta di benvenuto che aveva trovato nella sua stanza appena arrivato e prontamente sparita il giorno delle dimissioni, in un’intervista ad Antonio D’Orrico su Sette. Una delle sue pochissime interviste: il giornalista che, a parte la Rai, trasforma in ora tutto ciò che tocca, è molto riservato, assente anche dai social.
Sessantuno anni, milanese, Verdelli ha cominciato la sua carriera proprio al quotidiano di cui oggi è direttore, nelle pagine milanesi di Repubblica, dove è tornato a collaborare dal 2013 al 2015, quando al timone c’era ancora Ezio Mauro. Nel ’79 è passato alla Mondadori, a Duepiù, quindi a Panorama mese, che era diretto da Claudio Sabelli Fioretti, e poi nel mondadoriano Epoca, dove, entrato da redattore, è uscito da vicedirettore.
Nel ’94 è diventato direttore di Sette, voluto da Paolo Mieli che l’anno seguente lo nominò vicedirettore del quotidiano, dove è rimasto sette anni, prima con lo stesso Mieli, poi con Ferruccio de Bortoli. Si è dimesso quando Rcs ha nominato Stefano Folli alla direzione del Corriere, e si è quindi diretto in Condè Nast, dove è diventato direttore di Vanity Fair, per tornare quindi in Rcs alla guida de La Gazzetta dello Sport dal 2006 al 2010 e diventare il recordman della vendite del quotidiano sportivo, con due milioni e 300 mila copie vendute il 10 luglio 2006, grazie anche ai Mondiali di calcio.
Verdelli è anche scrittore, autore di I sogni belli non si ricordano (Garzanti) nonché ufficiale al merito della Repubblica, onorificenza conferitagli da Sergio Mattarella quattro anni fa.
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