La chiusura della ristorazione a livello regionale è un danno per per tutte le aziende agricole fornitrici di ristoranti e bar: non solo quelle del settore vitivinicolo ma anche i produttori di carni, formaggi, olio e verdure. Dopo l’esperienza primaverile, in cui le aziende si sono totalmente reinventate per garantire la produzione e la vendita di cibo, arriva una decisione che rischia di dare il colpo di grazia a diversi settori agroalimentari regionali. “È soprattutto la tempistica nell’annunciare la zona arancione che ci lascia perplessi – denuncia la presidente regionale di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni – disattesa e arrivata dopo che le attività agrituristiche avevano già preso prenotazioni e improntato il lavoro della domenica. In questi mesi i ristoratori, in particolare gli agriturismi, avevano adottato ferree misure anti covid, anche con un impegno economico aziendale non indifferente e la rinnovata chiusura va ad aggravare una situazione già molto compromessa. Servono subito ingenti misure di sostegno, liquidità per le imprese colpite, meno chiusure e più controlli per far rispettare le norme. In questi giorni, nel Psr abbiamo concertato con la Regione l’apertura di altri due fondi per agriturismi e allevamenti bovini e continueremo a lavorare su questo fronte almeno fino alla fine della fase emergenziale. Inoltre, ci rivolgiamo ai consumatori delle Marche e alla grande distribuzione affinché prediligano acquisti di prodotto marchigiano, per sostenere la filiera e per scongiurare lo spreco di cibo”. Tra le misure chieste da Coldiretti, subito, a livello nazionale, c’è l’inserimento degli agriturismi nel Fondo ristorazione da 600 milioni di euro per contributi a fondo perduto fino a un massimo di 10mila euro, da destinare all’acquisto di prodotti agroalimentari Made in Italy.