di Dino Pesole
Manovra, Gualtieri: lettera dell’Ue positiva, dialogo tranquillo
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Il primo check sulla manovra da parte della Commissione europea parte dall’aggiornamento delle stime relative all’economia italiana, in vista del parere atteso per il prossimo 20 novembre. Per il 2019, la partita è sostanzialmente chiusa con l’allineamento delle previsioni tra Roma e Bruxelles: Pil a quota 0,1% che fotografa la sostanziale stagnazione dell’economia.
Rallentamento dell’economia globale
Pesa il contesto internazionale, caratterizzato da un rallentamento dell’economia globale, stretta tra la guerra dei dazi, la Brexit e la drastica frenata dell’economia tedesca. Quanto al Pil del 2020, due decimali separano le stime di Roma e Bruxelles: 0,6% contro lo 0,4%. Non è una distanza incolmabile, ma il punto non è questo. Allo 0,6% di crescita il governo conta di pervenire per effetto di due decimali di spinta atteso dalla manovra, in particolare dal taglio del costo del lavoro per 3 miliardi a partire dal mese di luglio del prossimo anno. A patto che non si decida di far slittare a ottobre l’entrata in vigore delle relative risorse, come propone Italia Viva, così da finanziare la radicale revisione (se non l’integrale cancellazione) di alcuni degli incrementi fiscali più controversi inseriti nella legge di Bilancio all’esame del Senato: la stretta sulle auto aziendali e la plastic tax. Il mutato clima nei rapporti tra Roma e Bruxelles aprirà la strada a passaggi non traumatici (al contrario di quel che avvenne lo scorso anno).
Verso un parere interlocutorio
Con ogni probabilità la Commissione esprimerà il 20 novembre un parere interlocutorio, anche per verificare la portata delle modifiche alla manovra che saranno introdotte nel corso dell’esame parlamentare. Nel passaggio di consegne tra la vecchia e nuova Commissione (non ancora avvenuto per le bocciature di alcune candidature di rilievo da parte del Parlamento europeo) la manovra riceverà con ogni probabilità l’imprimatur in primavera, sia pur con raccomandazioni e inviti espliciti a ridurre il debito a un ritmo più sostenuto rispetto a quanto previsto dal Documento programmatico di Bilancio (135,2% rispetto al 135,7% previsto per fine 2019).
Il rischio debito
Il rischio di “deviazione significativa” dalle regole europee, in particolare per quel che riguarda il debito, permane. Non vi saranno ultimatum, e nell’immediato non si replicherà lo scontro andato in scena un anno fa, quando lo scontro con il precedente governo raggiunse il suo culmine con l’annuncio dell’avvio della procedura d’infrazione per violazione della regola del debito, poi evitata sul fotofinish a ridosso di Natale. Il deficit prima previsto al 2,4% venne ridotto al 2%, e la manovra subì un ridimensionamento di 10,4 miliardi. Scenario che poi si replicò in primavera, e in quel caso la procedura d’infrazione venne evitata in seguito alla decisione del governo di inserire nell’assestamento di bilancio di fine giugno una correzione dei saldi per oltre 7 miliardi.
Deficit sotto osservazione
Quest’anno andrà diversamente. Il monitoraggio sull’andamento dei conti italiani avverrà nelle tappe segnate dal calendario europeo. Sotto osservazione l’andamento del deficit nominale che salirà al 2,2% del Pil per effetto della flessibilità che il Governo ha inserito in manovra (14,2 miliardi), rispetto a un “tendenziale” dell’1,4%. Maggior deficit che nella differenza tra tendenziale e programmatico sale a 16 miliardi e servirà a disinnescare le clausole Iva pronte a scattare dal prossimo anno per 23,1 miliardi. Si guarda in particolare al deficit strutturale (calcolato al netto delle una tantum e delle variazioni del ciclo economico) che dovrebbe essere ridotto dello 0,6% e che invece risulta in aumento dello 0,1%.