Il condono di dieci anni per le cartelle fiscali sotto i 5.000 euro rischia di scatenare il ‘Vietnam’ in Parlamento ? E’ la domanda che ci si pone all’indomani del consiglio dei ministri che, secondo le ricostruzioni, è rimasto bloccato per qualche ora proprio a causa del braccio di ferro fra le due parti della super-maggioranza che circonda Mario Draghi, Pd e Leu da una parte, Lega e Forza Italia dall’altra.
Rompendo quello che sembrava un tabù, Draghi ha chiamato le misura con la sua definizione tecnica: “condono”, archiviando la “pace fiscale” che presupporrebbe una guerra fra due parti sullo stesso piano, cosa che non è; piuttosto con “condono” siamo alla “remissione del debiti”.
La sanatoria uscita dal consiglio dei ministri prevede l’annullamento di tutti i debiti fiscali, fino a 5.000 euro, “comprensivi di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni” dal 2000 al 31 dicembre 2010. E vale solo per i soggetti, persone fisiche e imprese, che hanno percepito, un reddito imponibile fino a 30.000 euro nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019. Pochissima cosa per chi si aspettava l’annullamento di tutto il “magazzino” delle Riscossioni (circa 1 miliardo). E tuttavia “uno schiaffo a chi le tasse le paga” come ricorda il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri Il centro destra puntava a dilatare il periodo del “condono” fino al 2015 e alzare il tetto sia del valore delle cartelle condonate, portandolo oltre i 5.000 euro, sia del reddito del soggetto beneficiato, superando i 30.000 euro. E adesso punterà ad allargare le maglie in Parlamento “Quello raggiunto con il Decreto Sostegni per noi è solo il primo passo” avverte il sottosegretario leghista all’Economia Claudio Durigon che si dice “sicuro che in Parlamento si possa trovare la maggioranza per migliorare il provvedimento”. A Durigon fa sponda, prima la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini “In Parlamento faremo valere queste ragioni non certo per piantare bandierine identitarie, ma solo in nome del buonsenso”. E poi il coordinatore Antonio Tajani “Grazie a noi un cambio di passo sul fisco. Ma non basta. Faremo di più.” promette.
Dall’altro capo della maggioranza è l’ex viceministro dell’economia Antonio Misiani, ora scelto da Enrico Letta come responsabile economico del Pd, a difendere i paletti. “Sarebbe singolare – afferma in un’intervista all’ANSA – dedicare le limitate coperture a disposizione del parlamento all’allargamento della cancellazione delle cartelle esattoriali, quando abbiamo tante altre misure economiche e sociali da rafforzare. Il Pd porrà di usare le risorse a disposizione per aiutare le imprese, le famiglie e i lavoratori. Se Salvini o qualcun altro vuole invece proporre di usarli per condonare le multe di chi non è stato neppure sfiorato dalla crisi e non ha minimamente bisogno di aiuto, liberissimo di farlo. Noi voteremo contro”.
Tutti d’accordo invece sulla revisione del sistema della riscossione, concausa dell’accumularsi di cartelle nel corso degli anni, con una “ridefinizione della disciplina dei crediti di difficile esazione”. Secondo quanto previsto dal Dl Sostegni nei prossimi 60 giorni il Mef presenterà al Parlamento una relazione che detterà i “criteri per procedere alla revisione del meccanismo di controllo e di stralcio dei crediti non riscossi”.
Il dl Sostegni ha anche prorogato, fino al 30 aprile, la sospensione di tutte le cartelle esattoriali e di tutti gli avvisi esecutivi, bloccati ormai da un anno, a causa dell’emergenza Covid.
Fonte Ansa.it