L’Italia è stata tra gli otto Paesi che da novembre a maggio ha potuto importare petrolio da Teheran senza incorrere nella rappresaglia di Washington
di Andrea Carli
Dazi Usa, Conte: difficile intervenire ma ce la metterò tutta
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La data da segnare in agenda è il 18 ottobre, quando dovrebbero scattare i dazi Usa per i contributi concessi dalla Ue ad Airbus anche sul made in Italy, con una tariffa del 25% che interesserebbe prodotti come il pecorino romano, il parmigiano reggiano, il provolone e il prosciutto. Si salverebbero invece – stando alla lista dei prodotti pubblicata dalle autorità americane dopo il via libera del Wto agli Stati Uniti – l’olio d’oliva e il prosecco. Il condizionale, al momento, è d’obbligo. Non è infatti escluso che, alla fine, l’Italia venga “graziata” dall’alleato di sempre, evitando così un duro colpo per il made in Italy.
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Il pressing del governo per scongiurare la stretta
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo l’incontro che ha avuto all’inizio della settimana con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, si è detto fiducioso sulla possibilità «di poter ricevere attenzione dal nostro tradizionale alleato su quelle che sono alcune nostre produzioni strategiche». L’Italia, è la tesi sotenuta dell’esecutivo, non partecipa direttamente al consorzio Airbus ma produce varie parti degli aeromobili.
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Il precedente: le sanzioni Usa contro l’Iran
Se alla fine “grazia” sarà, non sarebbe la prima volta che l’Italia evita la scure commerciale Usa. C’è un precedente. L’8 maggio del 2018 il Presidente americano Trump annuncia il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare con l’Iran e il graduale ripristino delle sanzioni Usa. La stretta scatta in due momenti: il 6 agosto e il 5 novembre di quell’anno. Nel primo caso le sanzioni si concentrano sul commercio in oro e in metalli preziosi; nel secondo nel mirino delle sanzioni americane finisce l’import di petrolio da Teheran.