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Coronavirus e alto debito, occorre una manovra coraggiosa

analisil’impatto sui conti pubblici

La revisione al ribasso delle stime di crescita dell’economia italiana è ormai un dato acquisito. Poi, superata l’emergenza coronavirus, occorrerà mettere a punto una manovra di bilancio coraggiosa. Nel prossimo anno incombono altri 20 miliardi di clausole Iva da disinnescare

di Dino Pesole

26 febbraio 2020


(ANSA)

3′ di lettura

Un alto debito è un problema perché limita fortemente le possibilità di utilizzare risorse pubbliche per sostenere l’economia. Lo è da sempre per un paese come l’Italia che ha ereditato dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso un debito enorme, pari a oltre 2.400 miliardi (il 135% del Pil), e lo è ancor più nell’attuale congiuntura interna e internazionale. La revisione al ribasso delle stime di crescita dell’economia italiana è ormai un dato acquisito. Per effetto delle conseguenze globali dell’epidemia da coronavirus esplosa in Cina (ora a tutti gli effetti presente anche nel nostro paese), il Pil del 2020 indicato in crescita allo 0,6% dalla Nota di aggiornamento al Def dello scorso settembre si avvicinerà allo zero. E già diversi centri di previsione lanciano l’allarme su un probabile ritorno alla recessione.

Il country report 2020 sull’Italia
Il Country Report 2020 sull’Italia della Commissione europea rinnova le preoccupazioni sull’eccessivo debito, “importante fonte di vulnerabilità” del nostro paese. Nulla di nuovo, poiché il debito italiano è da anni un osservato speciale da parte di Bruxelles, ma soprattutto da parte dei mercati. Nella procedura prevista dal cosiddetto semestre europeo, la pubblicazione del rapporto aggiornato sull’economia italiana prelude al giudizio che verrà formulato a maggio mentre a giugno toccherà all’Ecofin. Quest’anno, l’interlocuzione preliminare tra Roma e Bruxelles coincide con il marcato rallentamento del ciclo economico. Il che renderà molto arduo rispettare l’impegno a ridurre il debito al 135,2% del Pil (rispetto al 135,7% del 2019), con l’obiettivo di raggiungere quota 133,4% nel 2021.

La necessità di far ripartire la ripresa
Non aiuta peraltro nemmeno l’inflazione, che si aggira nei dintorni dell’1%, lontano dal target di riferimento della Bce (il 2%). Un po’ più di inflazione servirebbe poiché il debito è espresso in termini nominali, ma in presenza di una perdurante situazione di incertezza è arduo ipotizzare che i consumi interni possano contribuire a sostenere la domanda. Ecco allora che il problema per noi non riguarda tanto la sostenibilità nel medio periodo del debito pubblico, garantita dal finanziamento da parte dei mercati e degli investitori e dalla tenuta del sistema previdenziale (a patto di non smontare le riforme che la sostengono), quanto l’assoluta necessità di far ripartire la crescita. Come insegna la teoria economica, a parità delle altre condizioni se il Pil nominale cresce stabilmente tra il 2 e il 3% il debito inizia a ridursi “in automatico”, fermo restando che occorre vigilare sugli andamenti della spesa corrente. Con una crescita che dallo 0,2% atteso per il 2019 passerà nei dintorni dello zero (se non addirittura in negativo), l’urgenza assoluta è spingere con forza sul pedale degli investimenti, ma anche mettere in campo misure di sostegno all’attività economica e un piano triennale di riduzione della pressione fiscale.

L’emergenza coronavirus e la manovra coraggiosa
Certo nell’immediato l’urgenza è far fronte alle conseguenze economiche e sociali del rischio-paralisi di importanti attività produttive nel cuore pulsante della nostra economia, Lombardia e Veneto in primis. Si potrà far conto sulla flessibilità di bilancio consentita dalle regole europee per fasi prolungate di contrazione del Pil e per eventi eccezionali (il coronavirus lo è). Poi, superata l’emergenza coronavirus, occorrerà mettere a punto una manovra di bilancio coraggiosa. Nel prossimo anno incombono altri 20 miliardi di clausole Iva da disinnescare. È giunto il momento di rompere il tabù tutto politico dell’intangibilità dell’Iva inserendo nella prossima manovra un parziale riequilibrio del prelievo che consenta, accanto alla lotta all’evasione fiscale, di recuperare risorse per finanziare un più robusto intervento di taglio del cuneo fiscale e una prima tranche della riforma dell’Irpef. Per questo sarà necessario superare un altro tabù tutto politico, che finora ha impedito di mettere mano al capitolo delle agevolazioni fiscali, le cosiddette tax expenditures. Un piano coraggioso di revisione e riqualificazione della spesa corrente (in sostanza una vera spending review) è necessario per creare ulteriori spazi di finanziamento in direzione della riduzione del prelievo fiscale.

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