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Il Parlamento Europeo vota per il nuovo Presidente. Panoramica della sessione plenaria della marcatura per l’elezione del nuovo Presidente a Strasburgo, Francia Parlamento europeo (foto Afp)
Introdurre meccanismi che costringano le grandi piattaforme digitali a pagare per il lavoro di artisti e giornalisti che viene pubblicato su Internet, preservando al contempo il diritto degli utenti a caricare liberamente il materiale e proteggendo le start-up che cercano di entrare nel grande mercato dei contenuti online: è questo il difficile equilibrio che l’Unione Europea cerca di trovare con l’accordo provvisorio raggiunto sulla direttiva sul copyright nel mercato unico digitale.
Ai negoziatori dell’Europarlamento e del Consiglio Ue (l’istituzione che rappresenta i governi dei 28 Stati membri, ndr) sono stati necessarie 13 ore di trattative in 3 giorni per arrivare a un compromesso. Ma l’esito finale non è scontato. Un consistente gruppo di eurodeputati annuncia battaglia contro quella che considerano “censura” su Internet, in vista del voto della plenaria di Strasburgo previsto tra marzo e aprile.
Ancora tutto da decidere
Al Consiglio, l’Italia e gli altri paesi che avevano votato contro il testo di direttiva la scorsa settimana potrebbero cercare di arruolare qualche altro governo per mobiliare una minoranza di blocco. Sarà “dura”, dice all’Agi il relatore del provvedimento all’Europarlamento, il popolare tedesco Axel Voss. “dovremo comunicare agli altri deputati e spiegare quello che abbiamo fatto. Non si sa mai in politica”.
L’eurodeputata del Partito dei Pirati tedesco, Julia Reda, annuncia una campagna per far bocciare gli articoli 11 e 13 della direttiva, denunciando l’imposizione di “filtri automatici” e “tassa sui link”.
La Commissione europea incrocia le dita
La direttiva sul Copyright è uno dei progetti faro dell’esecutivo di Jean-Claude Juncker, ma è diventato oggetto di un’aspra battaglia tra lobby contrapposte. Da una parte i militanti della libertà assoluta su Internet alleati a colossi come Google hanno organizzato campagne per bocciare il provvedimento. Dall’altra le lobby di autori, artisti e editori hanno fatto pressioni su governi e deputati per rendere il testo il più rigido possibile. L’accordo garantisce “diritti per gli utenti, una remunerazione giusta per gli autori, e chiarezza di regole per le piattaforme”, ha assicurato il vicepresidente della Commissione, Andrus Ansip. Se l’intesa sarà confermata, “gli europei finalmente avranno regole moderne sui diritti d’autore adeguate all’era digitale con benefici reali per tutti”, ha detto Ansip.
A che serve la direttiva sul Copyright?
La direttiva sul Copyright dovrebbe garantire a autori, editori, creatori più potere per negoziare con i giganti Internet affinché paghino per il lavoro che viene utilizzato dalle piattaforme. YouTube, Facebook e Google News saranno tra i colossi maggiormente colpiti dalle nuove regole.
“Gli utenti non avranno la responsabilità se caricano qualcosa. Saranno le piattaforme a avere la responsabilità”, ha detto il relatore Voss: “non ci sarà impatto sugli utenti. Potranno caricare quello che vogliono. La responsabilità sarà delle piattaforme che dovranno verificare se il materiale e’ legale”.
Cosa si potrà fare e cosa no
Una parte del materiale, come i meme o i Gif, potrà essere condiviso in modo gratuito, così come gli hyperlink agli articoli accompagnati da poche parole o estratti molo brevi. Formalmente la direttiva non impone filtri o altri meccanismi per individuare il materiale con copyright. Ma, secondo la deputata del partito dei Pirati Reda, questo meccanismo incoraggerà i colossi a usare meccanismi automatici per filtrare i contenuti e a cancellare anche materiale legale perché non coperto da diritti d’autore.
Nel frattempo, le start-up con meno di 5 milioni di utenti unici al mese e meno di 10 milioni di fatturato l’anno, hanno ottenuto l’esenzione di una parte degli obblighi della direttiva. Quanto ai cosiddetti “snipett” (i link con titoli o frammenti di un articolo), il testo dell’accordo è formulato in modo molto vago: gli aggregatori di notizie come Google News o Facebook dovranno far comparire solo un testo “molto breve”. Secondo Reda, si tratta comunque di una “tassa sui link”, che perfino Wikipedia rischia di dover pagare. “Siamo preoccupati per la libertà di informazione online”, ha detto Reda. Infine, la direttiva prevede che i giornalisti debbono ottenere una parte delle entrate ottenute dagli editori per il loro materiale coperto da copyright. Ma i governi hanno ottenuto più margine di manovra per mantenere legislazioni nazionali meno favorevoli ai giornalisti.
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