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Amin al-Nasser, presidente della Saudi Aramco
La compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco è la società che nel 2018 ha realizzato il più alto utile netto a livello mondiale, pari a 111 miliardi di dollari, una cifra che è sostanzialmente pari agli utili di Apple, Google ed Exxon Mobil sommati insieme. A rendere noti i conti è Moody’s, chiamata con l’altra agenzia di rating, Fitch, a valutare la rischiosità del bond da 10 miliardi di dollari che Aramco ha deciso di emettere in questi giorni per finanziare in parte l’acquisizione di Saudi Basic Industries Corporation (Sabic), la società della petrolchimica del governo saudita. Per acquistare il 70% di Sabic, Aramco pagherà una cifra complessiva di 69,1 miliardi di dollari.
Per decenni i conti di Saudi Aramco sono stati un segreto di Stato ben custodito. Con l’emissione del bond e la conseguente richiesta di rating alle agenzie internazionali, il governo di Riyad ha accettato di divulgare i bilanci del primo produttore mondiale di idrocarburi.
Secondo quanto comunicato da Moody’s, che ha studiato il prospetto informativo preparato per l’emissione del bond, il colosso petrolifero saudita ha realizzato nel 2018 ricavi per 355 miliardi di dollari, con un utile operativo di 212 miliardi. L’utile netto di 111 miliardi evidenzia un incremento del 46% sul 2017, grazie alla crescita del prezzo del petrolio, salito del 31% rispetto al prezzo medio del 2017. Aramco ha una posizione finanziaria netta positiva per 48,8 miliardi di dollari.
Per fare un paragone, Apple, la società quotata più redditizia al mondo, ha chiuso il 2018 con un utile netto di 59,4 miliardi di dollari, la metà di Aramco. Alphabet, la società che controlla Google, ha realizzato profitti per 30,7 miliardi di dollari ed Exxon Mobil, la principale compagnia petrolifera americana, ha conseguito un utile di 20,8 miliardi di dollari.
Moody’s ha assegnato a Saudi Aramco il rating A1. Per Fitch il rating è A+ (sostanzialmente lo stesso di Moody’s), in linea con il rating dei titoli di Stato dell’Arabia saudita. Saudi Aramco avrebbe dovuto essere quotata in Borsa nel 2018, un’operazione voluta dal principe ereditario Mohammed bin Salman all’interno di una serie di progetti che mirano ad attirare capitali internazionali nel regno saudita per diversificare un’economia totalmente dipendente dal petrolio. Il progetto di Ipo prevedeva di collocare sul mercato il 5% di Aramco raccogliendo 100 miliardi di dollari, sulla base di una valutazione del 100% della società di 2.000 miliardi di dollari.
Secondo il Wall Street Journal l’Ipo è stata rinviata perchè le valutazioni del mercato non superavano i 1.400 miliardi, ben più basse dei desideri di Riyad. Il nuovo appuntamento con il mercato è fissato per il 2021. Oggi nel mondo la società quotata con la più alta capitalizzazione è Microsoft, che vale in Borsa 905 miliardi di dollari.
Secondo l’agenzia di rating Fitch, negli anni 2015-2017 Aramco ha fornito il 70% delle entrate allo Stato saudita. La compagnia è sottoposta a un prelievo fiscale con un’aliquota del 50%, cui si aggiunge il pagamento al governo di royalties del 20% su ogni barile di petrolio estratto, percentuale che sale notevolmente se il prezzo del greggio supera i 70 dollari al barile.
Saudi Aramco è il primo produttore mondiale di petrolio, con una produzione totale di idrocarburi (compreso il gas) nel 2018 di 13,6 milioni di barili olio equivalenti al giorno. Le riserve provate di petrolio ammontano a 227 miliardi di barili e le riserve totali di idrocarburi a 257 miliardi di barili di olio equivalente. Il nome della compagnia era stato fatto tra l’altro nelle scorse settimane, come il possibile ‘veicolo’ dell’ingresso dell’Arabia Saudita nel cda della Scala, accompagnato da una donazione di 15 milioni di euro, prima che il progetto sfumasse e la trattativa venisse annullata.
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