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Così l’impegno Ue riduce la spesa a 2,48 miliardi

I costi del passo indietro

Altra partita è quella dibattuta da mesi e su cui Conte ha detto parole chiare, e cioè quanto costerebbe all’Italia fare un passo indietro rispetto ad un progetto ormai esecutivo, coperto politicamente da un trattato internazionale Italo-francese e sostenuto materialmente dalla Ue che con il Grant Agreement del 2015 ci ha già investito 813 milioni. Il primo a fare una stima dei possibili costi – non si parla in senso stretto di penali – è stato Paolo Foietta, ex commissario di Governo per la Torino-Lione, secondo cui tra costi diretti, intesi come fondi da restituire a Francia e Ue, risorse per mettere in sicurezza i cantieri esistenti e fondi per ripristinare lo stato dell’ambiente laddove si sono realizzate le gallerie geognostiche e i lavori preparatori, e indiretti, derivanti da un potenziale contenzioso, l’Italia rischiava di dover garantire fino a 2,5 miliardi di euro.

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Una valutazione sulle possibili spese derivanti dalla scelta di rinunciare al progetto l’avevano in realtà tentata anche gli esperti del ministero delle Infrastrutture incaricati di lavorare alla analisi Costi-benefici, studio accompagnato da una relazione tecnico-giuridica che fissa alcuni paletti, a cominciare da una quota pari a un massimo di 1,3 miliardi di risorse da restituire, alla quale, specifica la relazione, si si dovrebbe aggiungere un ulteriore somma a titolo di risarcimento «per lo scioglimento di contratti in corso per servizi d’ingegneria e lavori» e non facilmente quantificabile in fase preventiva.

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