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Crisi di governo, manovra subito per blindare i conti. Ma c’è il nodo aumento Iva

crisi e finanza pubblica

Nel giorno più difficile del governo M5S-Lega, si moltiplicano le ipotesi per scongiurare l’esercizio provvisorio e lasciare il Paese nel caos: da un anticipo della manovra prima del voto a una legge di Bilancio in versione ridotta, limitata alle tabelle, elaborata da un governo tecnico chiamato a gestire la transizione

8 agosto 2019


Giovanni Tria (Ansa)

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Mettere al riparo i conti pubblici dalle turbolenze della politica. E, sfida assai più complicata, cercare di bloccare i 23 miliardi di aumenti Iva già scritti per legge, che scatteranno inesorabilmente dal primo gennaio se non si riusciranno a trovare misure alternative.

Nel giorno più difficile del governo M5S-Lega, si moltiplicano le ipotesi per scongiurare l’esercizio provvisorio e lasciare il Paese nel caos: da un anticipo della manovra prima del voto a una legge di Bilancio in versione ridotta, limitata alle tabelle, elaborata da un governo tecnico chiamato a gestire la transizione. Molto dipenderà da quando si consumerà, in Parlamento, la crisi, e da quando verrà fissato l’appuntamento elettorale.

Di certo un cambio di governo in piena sessione di bilancio non aiuterà la già difficile messa a punto della legge che fissa entrate e uscite per il prossimo anno. Se il nodo politicamente più sensibile è quello dell’Iva, di sicuro la fine dell’esecutivo gialloverde farebbe sfumare anche le promesse di taglio delle tasse, caro ai leghisti, o di riduzione del cuneo
fiscale, promosso dal Movimento 5 Stelle.

Un nuovo governo che si formasse a ottobre-novembre avrebbe comunque poche settimane per scegliere quali spese tagliare o quali sconti fiscali cancellare per evitare che l’aliquota Iva ordinaria salga dal 22 al 25,2% e quella agevolata al 10% passi al 13%. Al Tesoro tutti i dossier sono aperti ma ancora non sono state individuate soluzioni né ci sono proposte pronte: l’obiettivo del ministro Giovanni Tria era infatti quello di arrivare a settembre con diverse opzioni tecniche da mettere sul tavolo dei due alleati per lasciare poi alla politica la scelta non solo di dove reperire le risorse ma anche di dove destinarle. Il lavoro, insomma, non è affatto concluso e proprio per questo sarebbe altrettanto complicato immaginare un anticipo della manovra ad agosto, pure sollecitato in queste settimane da Matteo Salvini, o comunque prima che siano sciolte le Camere.

Per un nuovo governo resterebbe poi l’opzione, tecnicamente complicata da realizzare, di mettere in campo un decreto per spostare l’entrata in vigore dei rincari, magari anche solo di qualche mese, e avere il tempo di studiare un piano di spending review o di revisione delle tax expenditures. Nello scenario del governo tecnico, che si potrebbe presentare soprattutto se si andasse alle urne più avanti, oltre ai limiti sulle grandi scelte ‘politiche’, non ci sarebbe nemmeno la forza sufficiente per contrattare con l’Europa margini di flessibilità sul deficit.

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