Il decreto crescita non guarda solo ai bilanci degli enti locali in crisi. Tra gli oltre 30 articoli del “provvedimento d’urgenza” c’è anche la riapertura del condono di multe, tributi e tariffe locali.
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Come prevede il provvedimento, comuni, province , regioni e città metropolitane avranno 60 giorni di tempo per deliberare le regole per rottamare senza il pagamento delle sanzioni le ingiunzioni di pagamento notificate ai cittadini tra il 2000 e il 2017 dagli enti stessi o dagli agenti della riscossione. Calendario alla mano le delibere arriveranno alla fine giugno mentre le scelte di attivare o meno un nuovo condono domineranno il dibattito proprio mentre circa 3.900 municipi (su 8.000 complessivi) saranno coinvolti nella tornata elettorale delle amministrative del 26 maggio prossimo.
Il nuovo condono è soltanto uno dei tanti tasselli del decreto crescita a cui il Governo affida il compito di recuperare, negli 8 mesi rimasti del 2019 e in sinergia con l’altro decreto legge sugli appalti, lo 0,1% del Pil. Un decreto che si compone di quattro Capi, con il primo tutto dedicato alle misure fiscali. Gli incentivi alle imprese, va ricordato, escono ridimensionati e non poco dal confronto tecnico delle ultime settimane. Per il triennio 2020-2022 arriveranno aiuti fiscali alle attività produttive per soli 438 milioni sommando le quattro misure cardine del provvedimento. Nel 2019 gli effetti finanziarti stimati dalla Ragioneria non supereranno i 70 milioni (si veda Il Sole 24 Ore di domenica 21 aprile).
Quattro le principali leve fiscali per le imprese: il ritorno del superammortamento per investimenti in beni strumentali effettuati dal 1° aprile 2019 a fine anno nel limite di 2,5 milioni di euro. Restano esclusi i veicoli non strumentali all’attività di impresa; la riduzione progressiva dell’Ires per gli utili lasciati in azienda che passa dal 24% al 20,5% nel 2022. Per non attingere risorse inutilizzate dal fondo del reddito di cittadinanza, il Governo per il momento non è potuto arrivare a un taglio di 4 punti percentuali fino al 20% come inizialmente ipotizzato. Si parte con la riduzione dell’1,5%, con l’aliquota 2019 che passa al 22,5%; l’aumento progressivo della deducibilità Imu dei capannoni che sale dal 40% al 50% nell’anno in corso, al 60% per i due anni successivi e si ferma al 70% nel 2022; la riapertura del bonus aggregazioni per sostenere la crescita dimensionale delle imprese.
Il rilancio degli investimenti privati (capo II del Dl) passa anche per una nuova garanzia pubblica per singoli finanziamenti nel tetto dei 2,5 milioni di euro, destinati al rilancio di medie imprese. Semplificate anche le regole di accesso al Fondo di garanzia per le Pmi con l’obiettivo di sostenere anche canali alternativi al sostegno finanziario delle imprese, come il social lending e il crowdfunding. C’è poi la tutela del made in Italy, mentre nel capo IV ci sono tre interventi particolarmente attesi: il cosiddetto “salva Roma”; le modifiche alla legge di bilancio che apriranno la strada al doppio binario per il rimborso dei risparmiatori coinvolti nei crack bancari; l’intervento del Mef nel capitale sociale di Alitalia. Che secondo la norma in bozza anticipata su queste pagine sabato scorso, salvo modifiche oggi in Cdm, dovrebbe prevedere l’estensione a tempo indeterminato del prestito «ponte» e la trasformazione degli interessi in capitale della compagnia.
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